Si partecipa alle gare di corsa perché si è appassionati del correre, perché ci sono tante motivazioni che ci sorreggono nel farlo. Si provano sensazioni ed emozioni. A volte ci si ferma qui. E si aspetta il tempo necessario per sperimentare di nuovo le stesse emozioni partecipando ad un gara nuova, magari mai vista prima.
Ma per altri c'è un piacere aggiuntivo nella rimemorazione e nel racconto. La memoria del podista è come nella frase mitica del Replicante del film di Ridley Scott, Blade Runner (tratto dal romanzo non omonimo di Philip K. Dick, "Do electric sheep dream of electric dreams?"), in cui un gruppetto di cyborg di ultima generazione (e dotati di una vita a termine) si ribellano al loro creatore chiedendogli "più" vita e che, non potendo vivere oltre un certo termine per il modo in cui sono stati progettati, cercano di estendere le proprie memorie nel passato, al punto da creare un passato fittizio con tanto di artefatti fotografici e, soprattutto, valorizzando l'intensità delle memorie della loro breve vita.
E' bello potere ricordare ciò che ci ha fatto stare bene e che ci ha dato delle soddisfazioni, è bello ricordare le emozioni positive e, per dare un fondamento al nostro ricordo e perpetuarlo nel tempo, è bello scrivere, cercando di analizzare nel dettaglio sensazioni ed emozioni.
La scrittura e il racconto sono gli strumenti che servono a preservare poi questi ricordi dalle incertezze di una rimemorazione successiva e dalle nebbie dell'oblio.
A volte raccontare per iscritto, può essere fonte di emozione: emozioni che possono altrettanto se non più intense, di quelle provate in azione.
E' per questo che alcuni podisti sentono impellente la necessità di scrivere delle loro azioni di corsa, siano essi dei campioni oppure dei runner meno performativi, ma sicuramente sinceri e onesti: entrambe le tipologie lanciati in una ricerca più vera e profonda di se stessi, una ricerca che comincia con la pratica di una corsa e che continua anche dopo, nei momenti di intervallo tra una corsa e l'altra.
Alcuni podisti vogliono raccontarsi (o, genericamente, raccontare)...
Alcuni podisti scrivono delle loro corse...
Altri corrono per ricordare...
Altri trasformano le loro corse e quei pensieri (e ricordi) scaturiti dalla corsa (pensieri che come ci rammenta lo scrittore e runner Murakami Haruki sono "...come le nuvole..." che vanno e vengono senza ordine e senza una particolare logica, ma arrivano e occupano il cielo per poco o per molto) in racconti o in romanzi.
Altri corrono per ricordare o per sentire delle emozioni che pervadono mente e corpo.
Elena Cifali ci racconta delle sue corse con questo spirito, e nel formulare i suoi racconti sperimenta emozioni che si rinovellano ogni volta e fa emozionare i suoi lettori.
Elena Cifali correndo ricerca qualcosa - magari una consapevolezza maggiore di se stessa -e il suo raccontare ci trasmette la tensione di questa ricerca...
Ecco il suo racconto relativo alla partecipazione alla Maratonina di Acate che si è svolta il 15 aprile 2012, dove ha realizzato il suo miglior tempo in Maezza maratona (anche questa una soddisfazione) un racconto che - come ci confida - Elena si è emozionata a scrivere...
(Elena Cifali, 15 aprile 2012) “Dai, dai, prendimi, forza, ci siamo quasi, ancora 200 mt e tagliamo il traguardo”- sono queste le parole d’incoraggiamento che Salvo mi ha rivolto appena prima di concludere la nostra seconda maratonina di Acate. E’ sempre un’emozione correre ed ancora di più lo è quando lo si fa accanto a persone speciali, come lui per me.
Quando si è così vicini al traguardo anche pochi secondi hanno il loro perché, e anche un singolo gesto o una singola parola possono farti volare alta.
A guardare la foto scattata prima dell’arrivo sembra proprio che io volassi, sospesa in aria tra una duna di sabbia e l’altra. Gli ultimi metri sono interrotti da piccole dune di sabbia color oro, ormai deformate dal calpestio di tutti quelli che sono arrivati prima di me.
Ci passo sopra, affondo le miei scarpe, sollevo la polvere che mi lascio alle spalle mentre i miei polmoni si riempiono dell’aria di mare. Un profumo che mi inebria, spinto dal vento generoso.
Che passione il mare, lo è stato fin da bambina, il mare la campagna, tutto qui ad Acate ha il dolce sapore dei ricordi.
Pochi chilometri dietro, quando il paesaggio era stracolmo di serre e campagne mi è venuta in mente quella vecchia foto, gelosamente custodita a casa dei nonni, che spesso guardavo da bambina.
In un vecchio album con la copertina di pelle marrone, che mi piaceva sfogliare quasi ogni giorno, c’era – e c’è ancora – la bella foto che ritrae il nonno e la nonna sulla loro vespa bianca, e tra loro due si intravede il viso di bambina di mia mamma. Seduto in prima fila, sulla pedana della vespa: Billi, il fedele cane da caccia del nonno. Il nonno e Billi andavano a caccia ogni sabato notte. “La prossima volta porti pure me, vero nonno?” - gli chiedevo insistentemente ogni domenica mattina al mio risveglio, mentre nonna era rintanata dentro lo stretto cucinino a levare i pallini dai poveri e malcapitati conigli. “Si, certo, la prossima volta porto pure te!” … Non mi portò mai, e solo da adulta capii quanto sarebbe stato pericoloso. Per il nonno la caccia era una passione, come oggi per me la corsa. Forse anche per questo motivo mi fanno impressione le persone senza passioni.
Ma torniamo alla maratonina.
Alla partenza, incontro tanti amici, è il momento più bello, quello in cui ci si incontra, ci si incoraggia, ci si informa dello stato di forma, ci si riscalda. E’ il momento di aggregazione più forte, poi, dopo il via – che non tarda ad arrivare – ognuno inizia a fare la propria gara, ognuno inizia a pensare a se stesso.
I primi chilometri trascorrono tranquilli: impiego una ventina di minuti prima di impadronirmi della regolarità del mio respiro, mentre i dolori alle gambe continuano a darmi il tormento. Ma tutto sommato mi sento bene. Facciamo strada, io e Salvo, vicini come sempre.
Con noi anche altri gruppi di runner tra cui anche Luigi, conosciuto proprio qui ad Acate, la scorsa edizione.
Lui è stato più furbo di me, ha mantenuto un passo costante per poi volare via dopo il 15° km, mi darà un bel distacco di 3' di sulla linea del traguardo.
Fa caldo, la giornata è soleggiata e ventosa. Il vento ci schiaffeggia spesso, forti raffiche si alternano a momenti di quiete. Per fortuna, ho portato con me il cappellino, altrimenti credo proprio che mi si sarebbe "cotto" il cervello.
Ai rifornimenti prendo solo l’acqua, scartando gli spicchi d’arancia che temo, mentre mi ricarico con lo zucchero che ho portato con me da casa.
Non sono molto loquace oggi, preferisco ascoltare le poche parole che riesco a cogliere dai discorsi altrui.
Preferisco farmi cullare dai miei pensieri.
Penso e ripenso a come ho iniziato 14 mesi fa questa straordinaria avventura da podista.
Penso a tutti gli allenamenti, alle ore dedicate alla corsa.
E’ questa la mia seconda primavera da podista e sicuramente la vivo con una consapevolezza diversa dalla precedente.
Oggi so quel che faccio e soprattutto so quel che voglio.
Oggi ho la consapevolezza di saper fare e dedico ogni minuto del mio tempo libero per conquistare ciò per cui sto lottando.
I motivi che inducono le persone ad iniziare a correre sono i più svariati: in tanti (come il mio amico Claudio) iniziano per perdere peso, altri perché hanno tempo libero da sfruttare, alcuni perché facevano atletica già da ragazzini. Ognuno con il suo perché, con il suo scopo, con le sue motivazioni.
Io lo faccio perché mi piace farlo, è il mio primo pensiero del mattino e l’ultimo della sera, è un impegno al quale difficilmente potrei rinunciare.
E’ una gioia che ripaga di tutti gli sforzi.
E’ una carica che serve ad affrontare meglio la giornata. La frase che sempre più spesso mi sento rivolgere è: ”Ma chi te lo fa fare”… e, poi, commenti su commenti.
Già, chi me lo fa fare?
Per spiegare il perché non mi basterebbe una vita, ma ci sono una serie di parole che possono parlare al mio posto; parole come: emozione, sentimenti, adrenalina, endorfine, vagabondare, viaggiare, esplorare, coraggio, incoscienza, dolore, delusione, ricerca, sfida, riconoscenza, freddo, caldo, umidità, mare, montagna, Etna, amore, affetto, fratellanza, ricordi, nostalgie, speranze, programmi e progetti, sogni, libertà, volare, cadere, spingere, sudare, soffiare, calcoli, tempo, pioggia, sole, alba, Salvo, stanchezza, fame, sete, sale, salita, discesa, asfalto, natura, piedi, ginocchia, canzoni, chiacchiere, risate, vesciche, vita, partenza, traguardo, pettorale, fotografie.
Ecco cosa significa correre per me!
Immersa in questi pensieri non mi rendo quasi conto di essere già al 16° km, Ezio, Luca e Mariarosa ci si fanno l’incontro con le biciclette. Sentire mio figlio che dice “Brava, mamma!” è un’emozione che mi toglie il respiro, pensare che solo pochi anni fa era un bimbetto gracile che mi guardava dal basso verso l’alto con i suoi occhi azzurri che sembrano fari accesi nella notte.
Da questo momento in poi il caldo si fa pesante. Tutto diventa relativo, la strada cambia e mi cambia, rendendomi disponibile al compromesso e al ragionamento. Perdo qualche secondo al km, ma inizio a ripetermi che non sono una perdente. Inizia la discesa, l’ultima curva e poi ecco il mare, eccolo brillare, calmo, sereno, splendente, sembra aspettare me, mi da il benvenuto e la sua vista mi riempie di gioia.
Arriverò tagliando il traguardo: accompagnata da Salvo e dalle sue parole: “Dai, dai, prendimi, forza, ci siamo quasi, ancora 200 metri e tagliamo il traguardo”.
E’ andata meglio di quanto non mi aspettassi, ho realizzato il mio miglior tempo e porto a casa oltre la gioia e la soddisfazione anche il caloroso abbraccio di amici importanti.
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