Dal 22 al 24 febbraio 2013 il Museo Storico dei Motori e dei Meccanismi, dell'Università degli Studi di Palermo, in viale delle Scienze, Facoltà di Ingegneria, Edificio 8) ha organizzato una mostra fotografica "I favolosi anni della Scuderia Pegaso alla Targa Florio" che ha dato ai suoi visitare le emozioni di una suggestiva rassegna per immagini su vetture e piloti della grande Scuderia siciliana.
A prescindere dalla "specicità" del tema, la mostra ha consentito ai suoi visitari di immergersi nell'atmosfera degli anni ruggenti della Targa Florio: del periodo di due decenni dagli anni Sessanta alla fine dei Settanta, in cui crebbe esponzialmente la qualità tecnica delle vetture in competizione, accrescendo la spettacolarità della Targa, ma anche la sua "pericolosità". Furono gli anni in cui cominciarono a vedersi dei prototipi che nulla avevano da invidiare alle auto in gara nei più celebrati circuiti automobilistici.
Io stesso, da siciliano, andai frequentemente a seguire l'evento assieme ad un mio cugino più grande appassionato di automobilismo. E, da fotografo alle prime armi, in quelle occasioni scattai numerose immagini che mi è sembrato di rivedere - con grandissima emozione - guardando alcune delle foto della mostra.
Organizzata dal Museo Storico dei Motori e dei Meccanismi dell’Università degli Studi di Palermo in collaborazione con l’Associazione Culturale Amici della Targa Florio e l’Associazione CHC (Cultural Heritage Consulting), la Mostra ha offerto ai visitatori la possibilità di visionare non solo la rassegna fotografica ed alcuni filmati dell’epoca riguardanti le vetture ed i piloti della “Pegaso”, impegnati in edizioni mondiali della Targa Florio, ma anche il materiale proveniente dalla mostra tematica “I Carabinieri alla Targa Florio” (La Targa Florio e i Carabinieri: sinergia nella leggenda) nonché rari reperti motoristici del Museo Storico dei Motori e Meccanismi, relativi ad auto, moto, aviazione e provenienti dal mondo industriale. Non ci si troverà, comunque, di fronte a polverosi cimeli quanto, piuttosto, a pezzi egregiamente restaurati dal Museo stesso; va poi sottolineata la presenza di materiale riguardante – fosse questa la volta buona! – un progetto di riqualificazione delle Tribune di Floriopoli.
L’occasione ha offerto la possibilità di accennare alla storia di questo sodalizio siciliano che vanta un palmares del tutto invidiabile grazie ad un cocktail i cui ingredienti furono: piloti (40), passione (smisurata), mezzi (all’inizio pochi…) e voglia di vincere (abbondante).
Fondata nel 1961 per iniziativa di quattro amici (Ninni Failla, dirigente di industria, Enzo Benedetti, giocatore di calcio che ha militato nelle file del Palermo, Francesco Moscato, avvocato, e Francesco Dessì, funzionario lnam) la “Pegaso” vide in poco tempo ingrossare le sue file e, pur senza pecunia, iniziò a frequentare i piani alti delle classifiche, in coabitazione con scuderie e piloti già affermati e dalle risorse economiche superiori.
Dopo qualche tempo, e qualche buon risultato, arrivò la partnership con la Marathon e da quel momento in poi fu musica completamente diversa: la scuderia ebbe una sede degna di tale nome, ai piloti semisconosciuti si affiancarono nomi di rilievo ed il numero delle partecipazioni e dei successi crebbe in maniera esponenziale. Uno dei principali obiettivi della “Pegaso-Marathon” (questa la nuova denominazione della Scuderia), era quello di scoprire nuovi talenti, sostenerli e valorizzarli anche in competizioni al di fuori dei confini regionali: da Monza a Vallelunga, dal Mugello ad Imola, per non parlare delle principali cronoscalate (Bondone in testa) senza tralasciare ovviamente la “Targa” che fa definizione a sé.
La Scuderia – che fra gli altri presidenti ebbe quel famoso barone Pucci, vincitore assieme a Colin Davis su Porsche 904 GTS ufficiale dell’edizione 1964 della “Targa” – è rimasta nella memoria di molti appassionati italiani ed ha rappresentato, per il cuore di quelli siciliani, una irripetibile stagione dell’anima, testimonianza di un automobilismo assai spesso vincente oramai consegnato alla Storia.
Principali alfieri di quello che oggi chiameremmo il Team palermitano furono, a parte il citato barone Pucci, Angelo Giliberti (pilota assai veloce, con diversi assoluti in cronoscalate impegnative come la Monte Erice nonché altrettanto valido preparatore), Pietro Lo Piccolo (Campione Italiano 1970 nella categoria Sport Prototipi fino a 2000), Salvatore “Toti” Sutera (pilota vincente e poliedrico discendente da una famiglia veramente da corsa), Vincenzo Mirto Randazzo (del quale Salvatore Requirez, nel suo libro “I Campioni della Targa Florio” - Flaccovio Editore, 2003 - a pag. 118, così riporta la cronaca del tempo sul giro alla Targa Florio 1973:“ …. Impressionante, infine, il tempo fatto segnare dal siciliano Vincenzo Mirto Randazzo che con una piccola Chevron B23 due litri, con un giro-lampo sui 38’, aveva messo in fila la titolata concorrenza continentale nella loro agguerritissima classe, lasciandosi dietro anche diverse e più potenti Porsche gruppo 5 semiufficiali …”), Giovanni Lamantia (Campione italiano turismo su Fiat 500 nel 1963, periodo nel quale le vetturette iscritte erano talmente numerose da costringere gli organizzatori a far disputare, due o tre eliminatorie più la finale), Clemente Ravetto (grande pilota degli anni 1950/’70, è stato guida ufficiale Jaguar alla Targa Florio del 1963 e campione italiano di velocità GT 1965 con la Ferrari GTO), Amphicar (ovvero Eugenio Renna che assieme ad Armando Floridia formò un equipaggio che su Osella si aggiudicò la Targa Florio nel 1976 dopo il secondo posto assoluto dell’anno precedente), Raffaele Restivo (vincitore su Chevron B37 della Targa Florio 1977 – l’ultima “vera” Targa – in coppia con Apache, al secolo Alfonso Merendino) ed infine Ignazio Capuano e Ferdinando Latteri (a proposito dei quali AutoSprint nel dicembre 1966 scriveva, grazie ai tanti successi conseguiti, “che promettevano di emulare il loro grande conterraneo Ninni Vaccarella” ed in effetti furono entrambi piloti che lasciarono il segno).
Scuderia “Pegaso-Marathon”: un parco macchine di tutto rispetto. Troppo sarebbe lo spazio da impiegare se si volessero elencare tutte le vittorie di classe come quelle assolute, nonché i campionati regionali e nazionali ripetutamente vinti nelle rispettive categorie (ai quali si aggiunsero vittoriose partecipazioni in prove internazionali in Italia ed all’estero), ma se i piloti erano di primo piano non da meno erano le vetture a disposizione e questo grazie all’impiego di risorse proprie (in alcuni casi a costo di notevoli sacrifici personali) e, più in generale, grazie al sostegno dello sponsor principale; la scuderia “Pegaso-Marathon” vantava, infatti, un parco macchine che spaziava dall’umile ma divertente Fiat 500 e derivate Abarth, alle Alfa Romeo di tutti i tipi, dalle Giulietta SZ alle TZ sino alle sport “33”, alle Abarth GT (come le 1.000 mono e bialbero e Simca Abarth 1.300) a quelle Sport (dalle OT, che solo formalmente erano GT alle barchette classiche dalle 1.000 alle 2.000) per non parlare di tutti i tipi di Porsche, dalla 356 alla 914/6 GT a varie versioni della classica 911, dalle Carrera 4 GTS alla 6 ed alla 910 per arrivare, infine, a diverse Ferrari fra le quali la non facile 250 GT Le Mans, la celeberrima 250 GTO, la regina di tutte le GT e la “piccola” ma scattante sport Ferrari Dino 206 SP.
Tornando al 1966, tanto per parlare della stagione sulla quale a distanza di tanto tempo, siamo riusciti a meglio documentarci, la formazione palermitana fece registrare 280 presenze in gara con 11 vittorie assolute, 61 di classe, un titolo italiano per la categoria Sport oltre 1.600 cc e tre Campionati FISA (sport e sport prototipi per la velocità in pista ai quali si aggiunse il Campionato della Montagna, quello oggi sarebbe il CIVM).
Risultati raggiunti “partendo da laggiù”: non bisogna infatti dimenticare che la Sicilia non era e non è propriamente dietro l’angolo e che quindi ogni trasferta rappresentava uno sforzo globale doppio rispetto a quei piloti che risiedevano ben più vicini ai campi di gara di quello che i siciliani hanno sempre simpaticamente chiamato “il continente”.
Il Museo Storico dei Motori e dei Meccanismi dell'Università degli Studi di Palermo custodisce numerose apparecchiature industriali, scientifiche e didattiche che, fin dalla fondazione della Regia Scuola di Applicazione per Ingegneri (seconda metà del XIX secolo), sono state acquisite ed impiegate nel tempo nei vari settori della ricerca e dell’insegnamento.
Oggi, superate dalle nuove tecnologie, costituiscono nel loro insieme un patrimonio di grande valore che descrive l’evoluzione della scienza e della tecnica nel campo delle macchine nel corso di più di un secolo.
Attraverso un meticoloso e paziente lavoro di restauro, svolto insieme ad accurate ricerche storiche, numerosi motori automobilistici, aeronautici e navali sono stati recuperati e restituiti alla loro dignità.
Spiccano tra questi, per rarità e pregio, alcuni motori aeronautici in dotazione a diversi aerei italiani e tedeschi della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, due motori a vapore della fine del XIX secolo ed una turbina a vapore della antica centrale elettrica di via A.Volta, che alimentava la città di Palermo all’inizio del secolo scorso.
Il Museo rende fruibile il proprio patrimonio agli studenti ed a tutti coloro che sono interessati a leggere in un modo diverso una pagina di storia.
A tal fine promuove e partecipa a varie manifestazioni culturali nell’ambito della politica di sviluppo promossa dall’Ateneo.
Il Museo ha sede presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica Gestionale Informatica Meccanica (Edificio 8 – Macchine).
Ingresso libero su prenotazione. Per informazioni, organizzazione eventi e prenotazioni consultare il sito: www.museomotori.unipa.it