Overblog
Segui questo blog Administration + Create my blog
16 novembre 2022 3 16 /11 /novembre /2022 08:59
Sylvain Coher, Vincere a Roma

Quella contenuta nell'esile ma denso libricino scritto dal francese Sylvain Coher, dal titolo Vincere a Roma. L'indimenticabile impresa di Abebe Bikila (Vaincre à Rome, nella traduzione di Marco Lapenna), 66thand2nd, 2020, è una narrazione emozionante e paradigmatica che tutti dovrebbero leggere non soltanto gli sportivi e gli appassionati e praticanti di maratona. Sabato 10 settembre 1960 si celebrò, alla chiusura dei Giochi Olimpici di Roma (XVII Olimpiade moderna), la Maratona (che, a parte sporadiche eccezioni riguardante alcuni sport minori) solitamente è la gara che, da sempre, chiude i giochi, poiché dei Giochi Olimpici moderni voluti da De Coubertin è icona e ne incarna l'essenza eroica.

In quella circostanza si assistette ad un'impresa d'eccezione quando uno sconosciuto atleta africano, l'etiope Abebe Bikila, infrangendo tutte le previsioni, vinse quella gara, per di più correndo a piedi scalzi. Nessuno avrebbe potuto immaginare una cosa simile, che un umile pastore etiope (nelle sue origini) aggiudicasse al suo paese l'ambito oro olimpico, in una corsa che assunse grazie a lui un valore altamente simbolico, collocando Bikila tra i "miti" della maratona moderna e non solo (basti pensare alla figura di Dorando Pietri e, andando ancora più indietro all'emerodromo Fidippide, che morì per annunciare una vittoria, e alla cui impresa venne "inventata" la Maratona moderna).
Il racconto dell'impresa di Abebe è in soggettiva e il lettore s'immerge nel paesaggio della corsa che è, insieme, esterno ed interiore.
Abebe dialoga di continuo con la "Piccola Voce" che è il suo interlocutore interno ma anche con tanti personaggi della sua vita che vanno e vengono, entrando in scena e poi allontanandosi dal suo scenario mentale, per poi rientrarci: la moglie lontana, il suo allenatore che è il suo "piccolo padre", l'imperatore d'Etiopia che lui rappresenta: sì, perché la sua corsa umile che poi diventerà vittoriosa, sarà anche una benevola e non astiosa rivalsa (e, d'altra parte, Abebe fa parte della Guardia Imperiale): vincere a Roma sarà dunque per lui un modo per rendere un servigio alla sua nazione, sconfitta ed umiliata dagli Italiani nel lontano 1936. Ma nei suoi pensieri e nelle sue emozioni c'è anche Dio, al quale spesso si rivolge:
"Abbiamo profili tagliati per fendere l'aria, perchè sospesi nell'aria passiamo due terzi del tempo di una corsa: nella corsa come in cielo aspiriamo alla sospensione. Sospesi in eterno tra il ponte e l'acqua, in quell'intervallo impossibile troveremo il momento di rivolgerci alla misericordia di Dio. E' così." (p.41)
E poi: "Corro per fare guerra alla guerra e Dio si manifesta sempre a quelli che corrono: sentiamo la Sua fronte contro la schiena e Sue mani bollenti sotto le ascelle. E quando c'è lui a trainarci con la Sua mano possente ci accorgiamo di correre molto più veloce: è la prova assoluta della Sua presenza. La forza mentale non è come un'illuminazione, la forza mentale è dappertutto fin nei più piccoli dettagli, afferma la Piccola Voce." (p. 44)

 

Perché Abebe volle correre a piedi scalzi?  Alcuni vollero attribuire a questa sua decisione un valore dimostrativo, come se egli - rinunciando alle scarpette  - avesse voluto esprimere il suo orgoglio per le proprie origini di pastore degli altipiani e di tutti gli Etiopi come lui che, di umili origini, camminano e corrono scalzi. In realtà, molto prosaicamente, Abebe ci dice (nei suoi pensieri) che, pochi momenti prima dello start, se le leva perchè ritiene che siano troppo nuove e teme di potersi fare male, pregiudicando la sua corsa. In questa decisione sarà aiutato dall'avere - per via delle sue vicissitudini di vita - una suola callosa sotto i piedi, formatasi negli anni della sua giovinezza.

 

Abebe Bikila taglia il traguardo alla XVII Olimpiade di Roma

Il racconto si articola in brevi capitoli che vanno dal momento della partenza (il km zero) e che procedono di cinque chilometri in cinque chilometri, esattamente come fanno i podisti moderni quando vogliono ripercorrere le tappe della propria performance, più quegli ultimi due chilometri e le due centinaia di metri che, furono aggiunti alla distanza originaria in occasione dei Giochi Olimpici di Londra del 1908. In ciascun capitolo vi è il continuo contraltare tra la voce di un cronista lontano che, senza esserci, cerca di seguire l'evento in diretta e darne conto agli ascoltatori e quella silenziosa di Abebe che scorre come un fiume di libere associazioni oscillanti di continuo tra le esigenze di un capillare contatto con la realtà ed una condizione sognante. Tra le due voci, la voce quasi fastidiosa del radiocronista che nulla sembra comprendere e  quella narrante (che è rappresentata dallo stesso Abebe, impegnato nella corsa) si percepisce una distanza abissale tra chi il gesto sportivo lo vede solo dall'esterno e da chi lo vive con ogni fibra del suo corpo, con la propria mente pensante e con le proprie emozioni.
L'arrivo di Abebe sotto l'arco di Costantino fu così repentino che gli stessi addetti ai lavori, giudici di gara, giornalisti, fotografi e video-operatori, cronisti non capirono subito  che egli fosse arrivato in testa, anche perché- poco di tagliare la linea del traguardo -  venne sommerso da un nugolo di fotografi, impazienti di immortalarlo.
Appena al di là del traguardo, Abebe stupì tutto il mondo poiché cominciò subito a fare - come un soldato disciplinato - gli esercizi di allungamento, accompagnati da saltelli vari, lasciando immaginare che avesse ancora dentro di sè una grande riserva di energia a cui poteva dar libro sfogo con tale esuberanza.
Il mondo si commosse ed esultò: non solo era stato battuto il precedente primato olimpico, ma anche - soprattutto - la Maratona da allora non sarebbe più stata la stessa, perché con Bikila come pioniere si sarebbero fatta strada in questa disciplina gli Africani e, in essa, avrebbero stabilito un predominio quasi assoluto.
"...ogni passo è singolo, perché si produce una volta soltanto. Nell'enumerazione di tutti i passi si forma la storia della corsa, il suo sviluppo e la sua conclusione. Corriamo sul margine di un cerchio - senza soluzione di continuità. L'immensità del mondo è una burla smisurata, mantenere l'ordine resta il nostro principale intento: Mille maratone fanno il giro completo del pianeta." (p.77)

Abebe Bikila rimarrà per sempre nella storia, nella storia dello sport, nella storia della corsa di lunga durata e nell'immaginario collettivo, come colui che vinse una maratona correndo a piedi scalzi. Non a caso in un film di qualche anno successivo (il famoso "Il Maratoneta" di Johb Schlesinger, ispirato al romanzo omonimo di William Goldman) nella mente del protagonista (Dustin Hoffmann nel film) ricorrono di continuo, mentre corre, le immagini iconiche di quell'impresa epocale.

 

Abebe Bikila, poco dopo il sorpasso, attorno al quarantesimo chilometro

(Risguardo di copertina) Roma, sabato 10 settembre 1960, penultimo giorno dei Giochi olimpici e ultimo del calendario etiope. Sulla linea di partenza i corridori si scaldano in attesa del colpo di pistola che sancirà l'inizio della maratona. Tra loro un atleta sconosciuto, serio in volto e taciturno. È scalzo. Il suo nome è Abebe Bikila, caporale della guardia reale del negus. È lì per vincere, e vincerà. Due ore, quindici minuti e sedici secondi di corsa sui sampietrini della via Sacra, l'asfalto rovente della Colombo, il basolato di via Appia, accarezzando a piedi nudi il selciato della Città Eterna come fosse la terra dei suoi altopiani. «Vincere a Roma sarà come vincere mille volte» aveva detto l'imperatore Hailé Selassié, una rivalsa a ventiquattro anni dalla presa di Addis Abeba a opera delle truppe di Mussolini. E così Abebe corre, misura il ritmo delle falcate, risparmia il fiato, ascolta i muscoli che vibrano e mordono il freno in attesa dello sprint finale. Ad accompagnarlo la sagoma sfocata del grande Emil Zátopek e un uomo in carne e ossa, pettorale 185, misterioso contendente con cui percorrerà appaiato più di venticinque chilometri per poi staccarlo nel finale e andare da solo verso il trionfo. Un oro olimpico che incorona non soltanto Abebe ma l'intero continente africano in un'epoca in cui gli imperi coloniali si stanno sfaldando e si alza forte il grido dell'indipendenza. Accordando la sua prosa al passo instancabile del maratoneta, Sylvain Coher s'insinua nella mente di Bikila sotto forma di Piccola Voce e racconta dall'interno una delle imprese più memorabili nella storia dello sport: l'epopea del corridore scalzo, la nascita di una leggenda.

 

La targa commemorativa dell'impresas di Abebe Bikila, a Roma

Alcune notizie su Abebe (da wikipedia). Abebe Bikila partecipò altre due volte ai giochi olimpici, a Città del Messico (1964) dove vinse nuovamente l'Oro, migliorando il suo primato e a Tokyo (1968), dove tuttavia non si classificò però al traguardo. Oltre alle partecipazioni olimpiche conquistò l'oro di maratona in numerose competizioni internzionali di prestigio, anche in questo antesignano dei corridori kenioti che si affacciarono alla ribalta internazionale nei decenni successivi.
Nel 1969 Bikila, alla guida della sua auto nei pressi di Addis Abeba, ebbe un incidente, che lo lasciò paralizzato dalla vita in giù. Nonostante le cure e l'interesse internazionale, non riuscì più a camminare. Pur impossibilitato all'uso degli arti inferiori, non perse la forza di continuare a gareggiare: nel tiro con l'arco, nel tennis da tavolo e perfino in una gara di corsa di slitte (in Norvegia). Partecipò inoltre ai Giochi paralimpici di Heidelberg nel 1972 nel tiro con l'arco. Insomma, in questo percorso sfortunato, continuò ad applicare la filosofia del "un passo alla volta", facendo prova di resilienza e di determinazione.
Ma il suo destino era segnato: morì l'anno successivo, il 25 ottobre 1973, i 41 anni non acora compiuti, per un'emorragia cerebrale.

Sylvain Coher

L'autore. Sylvain Coher (1971) vive tra Parigi e Nantes. Dopo gli studi in Lettere moderne, ha lavorato come istruttore di vela, sorvegliante in un convitto, libraio, editore, muratore. Dal 2002 si dedica interamente alla scrittura. Tra le sue opere Carénage (2011), Nord-nord-ouest (2015), che gli è valso numerosi premi, e Trois cantates policières (2015). Durante i giorni trascorsi come borsista residente a Villa Medici tra il 2005 e il 2006 sono nate le prime pagine di Vincere a Roma.

Condividi post
Repost0
6 settembre 2022 2 06 /09 /settembre /2022 09:17

Sabato 27 agosto 2022 Kilian Jornet ha vinto l'UTMB, coprendo 173 km e 9.614 m di dislivello in un tempo record di 19:49:30, ma anche laureandosi campione dell'UTMB per la quarta volta.

Una tale performance fa sorgere delle domande. Prima fra tutte: come si arriva a un tale livello?

Il team tecnico di COROS ha provato a scoprirlo, analizzando i dati raccolti dall'APEX Pro di Kilian durante l'allenamento e la gara.

Condividi post
Repost0
12 agosto 2022 5 12 /08 /agosto /2022 12:08

Una “Coppia da Guinness” è un libro sulla corsa? Molto di più! In primo luogo è una grande storia di amore. E anche di amore per la corsa, per essere straordinario il racconto di 53000 km, più della lunghezza dell’equatore, attraverso i cinque continenti.

Michele Rizzitelli

Michele Rizzitelli, Una coppia da Guinness. Le nostre mille maratone, Albatros, 2022

E' uscito proprio in questi giorni, ordinabile nelle librerie e nei siti online, il volume di memorie podistiche della coppia di runner più attiva nello scenario amatoriale italiano e nel mondo, al traguardo delle mille tra Maratone ed ultra corse in ogni angolo del mondo. Di tutto e di più: una corsa inarrestabile che è stata anche di affetto e di dedizione reciproca.  L'autore del libro è Michele Rizzitelli, ma ovviamente egli nel libro da voce alla moglie e compagna di corsa Angela Gargano.
Il volume si intitola "Una coppia da Guinness. Le nostre mille maratone" ed è pubblicato da Albatros (2022).
Ed è lecito pensare che il traguardo delle 1000 maratone corse non sia per loro un punto d'arrivo definitivo, ma soltanto una tappa intermedia e punto di partenza  per molte decine ancora - se non centinaia ancora - gare di lungo corso: E quindi ai coniugi corridori l'augurio di correre ancora per altre migliaia di chilometri. 

 

(Dal risguardo di copertina) Una vita frenetica tra attività ospedaliera e libera professione, peraltro creativa e appagante. A trent'anni, la scoperta del podismo. L'incontro con Angela, un amore nella vita e nella corsa. La prima maratona in coppia nel 1994, la seconda soltanto una settimana dopo, in tempi in cui si riteneva fosse inconcepibile correrne più di una all'anno. Non si fermano più. Ne realizzano 100 nel 2002, in totale rottura con i protocolli classici preconfezionati dai guru della corsa di resistenza, e inscritti nel Guinness World Records. E non solo distanze lunghe 42,195 km. Anche 100 km, 202 km, 325 km, gare di 6 giorni, in cui Angela stabilisce la migliore prestazione femminile italiana con 562,330 km, e di 10 giorni, con nuova migliore prestazione femminile italiana di 826 km. Nel 2020 conquistano il fascinoso traguardo di 1000 maratone. Nessuna coppia al mondo come loro! Non è usuale che corrano lui e lei, conservino la forma atletica per così lungo tempo, rimanendo una coppia solida. Una coppia da Guinness è un libro sulla corsa? Molto di più! In primo luogo è una grande storia d'amore. E anche di amore per la corsa, per essere straordinario il racconto di 53.000 km, più della lunghezza dell'equatore, attraverso i cinque continenti. Incalzante è il susseguirsi di grandi metropoli e piccoli borghi visitati, di corse sugli argini di fiumi, sul periplo dei laghi e sulla Grande Muraglia cinese. Memorabili sono le descrizioni delle galoppate nei deserti, delle arrampicate sulle Tre Cime di Lavaredo e sul tetto del mondo, l'Himalaya. Da Berlino raggiungono le rive dell'isola di Usedom, nel Mar Baltico, congiunta alla terraferma da un ponte girevole. Si spingono fino al Circolo Polare Artico nella Maratona del sole a Mezzanotte. Una vita di corsa! E anche di fatica e dolori: un traguardo lo si conquista con il sudore della fronte e una volontà di ferro. Si riposeranno per il resto della loro vita? Il lupo perde il pelo, non il vizio.

L'articolo è comparso nella rivista di running "Correre"
L'articolo è comparso nella rivista di running "Correre"
L'articolo è comparso nella rivista di running "Correre"
L'articolo è comparso nella rivista di running "Correre"

L'articolo è comparso nella rivista di running "Correre"

Condividi post
Repost0
24 novembre 2021 3 24 /11 /novembre /2021 09:30
Gianfranco Gozzi (foto tratta da podisti.net)

Ci ha lasciato ieri un grande amico e un gigante buono (tanto che i più intimi, inclusa la moglie Alberta, lo chiamavano l'"omone"): é Gianfranco Gozzi, grande sportivo, runner "lento" e impareggiabile organizzatore di eventi sportivi con l'Atletica Calderara e di eventi di maratona e trail.
Chi potrà mai dimenticare, ad esempio, la "mitica" Maratona di San Silvestro, da lui da sempre curata come un piccolo gioiello?
Sotto questo profilo, Gianfranco è stato un grandissimo aggregatore tra podisti amatori e camminatori, con la passione per le "lunghe" (maratone e ultramaratone).
A lui si devono eventi organizzati in periodi dell'anno, "liberi" da altre maratone e ottimi per gli accumulatori seriali di maratone.
Inoltre Gianfranco, lui stesso nelle sue più tarde partecipazioni podista lento e meditativo, ha sempre sostenuto le ragioni dei podisti lenti (quelli che i runner competitivi chiamano con malgarbo i "tapascioni"), sostenendo a spada tratta che le maratone dovessero avere tempi massimi di percorrenza sufficientemente ampi, tali da evitare che i più lenti finissero fuori classifica, ma ha anche sempre affermato con vigore che gli organizzatori di maratone ed ultra dovessero sentire l'obbligo morale di aspettare al traguardo tutti gli atleti in gara, evitando quelle scene disdicevoli di zone arrivi smantellate prima del tempo, di posti di ristoro esauriti per i ritardatari, come anche dell'assenza totale di ristoro finale per gli ultimi a tagliare il traguardo.
Le maratone e gare trail da lui organizzate sono sempre risultate una festa per tutti, in primo luogo, e - sotto questo profilo - si può senz'altro affermare che Gianfranco sia stato un faro e un punto di riferimento per tutti coloro che, praticando maratone ed ultra-distanze, si riconoscevano nella denominazione tribale di "popolo delle lunghe".
Diede un contributo fondamentale, assieme ad altri, al varo del "Club dei super-maratoneti italiani" (che poi ebbe successive trasformazioni), di cui fino al 2014 fu Presidente e consigliere. Anche in questo fu un grande, poiché, in tutte queste iniziative, egli era fondamentalmente animato da un forte spirito di servizio e forse da alcune sue decisioni furono dovuto al fatto di vedere tradite da parte di alcuni quelle idealità per cui egli si era sempre prodigato .

Aggiungerò qui che Gianfranco, assieme ad altri della Atletica Calderara e della Podistica Lippo Calderara, curava sin da quando le nostre strade si incrociarono, la pubblicazione periodica di un giornalino che conteneva i resoconti della partecipazione a gare di vario genere; su queste pagine, egli ospitava spesso e volentieri gli scritti di podisti amatori che avevano partecipato a maratone e ultramaratone. Gianfranco gradiva anche che gli articoli contenessero delle note critiche in merito alla qualità dell'organizzazione dei singoli eventi, in modo tale da stimolare quegli organizzatori a fare meglio e di più, soprattutto per la tutela e il benessere dei podisti più lenti.
Ai primordi delle mie scritture giornalistiche, fu proprio Gianfranco ad incoraggiarmi a mandargli i miei primi resoconti di maratone ed ultra a cui avevo partecipato per una pubblicazione sul giornalino della sua società.
E quello fu per me uno stimolo fondamentale e prezioso.

Negli ultimi anni, con Gianfranco non ci siamo più incrociati, anche perché io per motivi diversi ho smesso di frequentare - anche da fotografo - gli eventi sportivi podisti, fuori dalla Sicilia.
Rivolgo alla simpaticissima Alberta, moglie di Gianfranco e sua compagna fedele in tutte le avventure organizzative, e alla famiglia tutta, le mie più sentite condoglianze.

Gianfranco Gozzi ci mancherai!
Il mondo del podismo amatoriale sulle lunghe distanze non sarà più lo stesso senza di te.

 

Condividi post
Repost0
28 maggio 2019 2 28 /05 /maggio /2019 07:13
Franco Michieli, L'estasi della corsa selvaggia.  Piccoli voli a corpo libero dalla terra al sogno, Ediciclo Editore (Collana Piccola filosofia di viaggio), 2017

Franco Michieli, nel suo L'estasi della corsa selvaggia. Piccoli voli a corpo libero dalla terra al sogno, pubblicato nel 2017 da Ediciclo (Collana Piccola Filosofia di Viaggio), ci racconta della sua passione per per la "corsa selvaggia" e del suo specialissimo modo di interpretare la pratica della corsa in natura.

L'autore, prima di diventare un cultore del trekking di alto livello (nell'ambito della quale disciplina ha siglato alcune grandi imprese), ma anche delle lunghissime camminate a piedi in totale autonomia, ha praticato in gioventù la corsa competitiva, misurandosi - se ricordo bene - nella distanza dei 1500 metri. Poi, ha lasciato l'agonismo, ma non ha dimenticato la pratica della corsa che ha voluto sviluppare a misura delle sue esigenze e dei suoi ideali.
Proprio durante la naja, alla ricerca di stimoli che lo facessero sentire vivo e vitale e che gli procurassero soprattutto empiti di libertà, riesumò la pratica della corsa adolescenziale. Ma in una sua speciale versione, di cui riassumo qui alcune caratteristiche:
1. si trattava di corse in totale libertà, in solitudine, con lo scopo di raggiungere nel più breve tempo possibile (ma senza lo stress della gara e della competizione con altri) colli, alpeggi, cime montuose.
2. Le sue corse erano "a tempo" e quindi senza l'occasionale oziosità delle camminate outdoor in montagna: per tutto il servizio militare erano limitate dal tempo della libera uscita, una cui parte doveva essere impiegata per raggiungere in auto il punto di inizio della corsa nella location prescelta. Ma in ogni caso, benché un occhio all'orologio fosse necessario (soprattutto al tempo dei quelle sue prime esperienze) o possa comunque tornare utile, per mantenere un certo orientamento temporale, la corsa selvaggia esclude rigorosamente l'uso del cronometro. L'obiettivo non è siglare dei record, ma dimostrare - soprattutto a se stessi - che compiere una certa impresa è possibile.
3. Solo in seguito, una volta finito il servizio militare i suoi obiettivi poterono farsi ancora più ambiziosi, non avendo più la spada di Damocle del limite di tempo puntata addosso.
4. Pur andando in montagna, l'attrezzatura di Michieli era ridotta al minimo: totale libertà dunque.
5.Totale rifiuto della tipologia della Corsa in Montagna e dello Sky Running e delle loro estremizzazioni atturali, ma soprattutto delle imprese cronometriche.
Quella di Michieli si configurò subito, così egli descrive in questo piccolo e affascinante libro, come una corsa fuori da qualsiasi schema conosciuto, certamente non omologabile: ma egli precisa che non vuole imporre il suo Verbo a nessuno. Gli preme soltanto sottolineare che questo è il suo personale modo di intendere la corsa in natura. 
Una corsa che lui stesso ha definito "selvaggia" e tale da suscitare, per via di questa sua particolarissima configurazione, una condizione "estatica"della mente.
Successivamente Michieli ha avviato un'intenso attività di Trekking che ha raccontato in altri libri, ma - nel corso del tempo - ha mantenuto e affinato la pratica della corsa selvaggia.Questo scritto di Michieli si legge con molto interesse, sia perché si presenta in forma di diario molto personale, ma soprattutto perché - considerando il fanatismo che avviluppa il mondo della corsa in natura (sia da parte dei top runner sia da parte dell'esercito degli "amatori" - propone in fondo quello che è un sano antidoto ad ogni forma agonismo "malato" e "coatto": qui, infatti l'unico confronto è con se stesso e con il desiderio di raggiungere dei propri personali traguardi, vivendo al tempo stesso un vivificante rapporto con la natura.

Franco Michieli

(Quarta di copertina) La collana «Piccola filosofia di viaggio» ha invitato Franco Michieli, geografo ed esploratore, corridore in incognito, a raccontare la corsa selvaggia in natura: una pratica istintiva e poetica lontana da cronometri e competi/ione. 
Un'esperienza liberatrice, in empatia con animali e montagne, in cui il tempo pare dilatarsi e la distanza ridursi. L'estasi dell'immaginazione.

L'Autore. Franco Michieli classe 1962, geografo, residente nelle Alpi, scrittore e originale esploratore, è esperto nel campo delle lunghe traversate selvagge. Da ragazzo ha praticato l’atletica leggera, recuperata in forma nuova quando, costretto in caserma dal servizio militare, la corsa gli permise di salire e scendere decine di vette della Valle d’Aosta nelle brevi libere uscite serali. Da allora la corsa selvaggia fa parte della sua vita. Fra i suoi libri, “La vocazione di perdersi” (Ediciclo 2015), finalista al Premio Alvaro, ma anche il recente "Andare per silenzi", edito da Mondadori nel 2018

 

Condividi post
Repost0
12 marzo 2019 2 12 /03 /marzo /2019 11:17
Giovanni Storti e Franz Rossi, Niente Panico si continua a correre, Mondadori (Collana Le Strade Blu), 2018

Dopo l'imperdibile, "Corro perché mia mamma mi picchia", il duo di amici runner (uno, Giovanni Storti è il noto uomo di spettacolo; l'altro Franz Rossi è direttore di un magazine molto seguito dagli appassionati del running amatoriale ed è lui stesso runner di vecchia data), è arrivato in libreria alla fine del 2018 Niente panico, si continua a correre, per i tipi di Arnoldo Mondadori Editore (Collana Strade Blu): si tratta di un libro spassoso su come è correre "dieci anni dopo" o "vent'anni dopo" e su come occorra modulare la passione del running man mano che le forze scemano e non è più possibile realizzare le imprese di prima, il tutto raccontato con una grandissima ironia attraverso una serie di episodi, in cui considerazioni varie ed esperienze personali si intersecano con la narrazione di storie che riguardano il mondo della corsa, oppure con la presentazione di fantasiosi ed improbabili personaggi che hanno cercato di introdurre variazioni nell'arte del running e dell'allenamento finalizzato alla corsa, intermezzi che sono dei veri e propri sketch comici. 
Capitolo dopo capitolo si ritrova il gusto infinito della narrazione di storie di corsa, sia che riguardino gli Autori in prima persona, sia che riguardino altri: il libro è interamente scritto a quattro mani e gli autori, come viene sottolineato in premessa (come del resto era stato fatto nel precedente volume) hanno optato per non firmare i singoli capitoli (anche quelli in cui l'oggetto del racconto è un'"impresa" di corsa vissuta solo da uno dei due.
La lezione che se ne trae è che passata una certa età si può e- e si deve - a continuare a correre, a trarre piacere da quest'attività, ma soprattutto divertendosi e imparando a fare anche altro. E, infatti, a differenza che nel precedente volume in cui i due autori si soffermavano a raccontare (sempre con uno stile semiserio e con una buona dose d'ironia) imprese podistiche compiute indossando il pettorale, qui vi sono anche resoconti di tour in bici, di passeggiate, di piccoli o grandi trekking.
Insomma, gli autori vogliono dire che all'avanzare dell'età, si può sempre reagire, trovando di volta in volta la ricetta migliore per evitare di stressarsi troppo, continuando nello stesso tempo a divertirsi, con la sensazione di essere sempre performativi.
Questo approccio ironico allo story telling podistico è di fondamentale importanza e fa da contraltare - come un sano antidoto - all'esaltazione di quei runner che continuano a darci sotto, in modi non realistici, malgrado lo scorrere del tempo, ricorrendo a pietose menzogne per giustificare il proprio calo prestativo oppure facendosi male, alla lunga. Aggiungerei anche che la preziosa lezione che viene portata avanti è quella che chi corre senza ironia, prendendosi troppo sul serio, è perduto: e, soprattutto, non riuscirà a riciclarsi verso nuove forme sostenibili di running. Insomma, dicendolo molto sinteticamente, bisogna farsi fautori della celebre 
frase manzoniana: "Adelante, Pedro, ma con juicio".
L'unico difetto che io ho trovato nel volume è che le narrazioni riguardano partecipazioni ad eventi che sono troppo lontani dalle possibilità dei runner qualunque, quelli che non sono celebri, che non sono uomini di spettacolo e che non sono in alcun modo sponsorizzati.
A mio avviso, il narcisismo dell'eccezionalità delle imprese configge in qualche misura con il tipo di messaggio che i due autori vogliono veicolare. Questo tipo di scarto rischia di ottenere l'effetto pedagogico opposto, accentuando in alcuni lettori il senso di frustrazione.
Il volume è introdotto da una prefazione di Giovanni Porretti.

(Dal risguardo di copertina) Quello che si impara percorrendo di corsa chilometri lungo strade e sentieri è un vero e proprio stile di vita, in grado di migliorare la qualità della nostra esistenza. 
Nella prefazione a questo libro, Giacomo Poretti sostiene che ai tempi dei nostri antenati si sapeva già molto del nostro degrado fisico e mentale. Gli australopitechi « intorno ai 20 anni facevano le gare con i giaguari, e spesso li battevano, arrivati ai 40 dopo 200 metri di corsa si fermavano per una birretta, a 60 anni, se ci arrivavi, ringraziavi il dio del sole e al massimo giocavi a scopone, te ne stavi rintanato nella tua bella grotta perché se per caso incontravi un giaguaro non riuscivi a fare 3 passi di corsa e finivi sbranato. L'uomo primitivo era ignorante e tirava su con il naso, ma era saggio, sapeva come godersi l'ultimo tratto di vita senza traumi e pericoli.» Oggi invece pare che questa consapevolezza sia andata persa. Si gareggia per il primato personale, per battere gli amici, per migliorarsi ad ogni costo. Si gareggia contro il tempo, ma sfidare il tempo che passa ha davvero senso? È una sfida persa in partenza per Giovanni Storti e Franz Rossi, la coppia di corridori scrittori che abbiamo imparato ad apprezzare con Corro perché mia mamma mi picchia . Gli anni passano per tutti: c'è chi se ne accorge vedendo il figlio cresciuto o i capelli incanutiti, e c'è chi li misura osservando i chilometri percorsi o la velocità raggiunta in gara. Ma la verità è che l'età non è nemica della corsa, basta saperla prendere con saggezza ed equilibrio. In un libro ricco di aneddoti personali e di avventure in giro per il mondo, Giovanni e Franz ci dimostrano che anche se il corpo invecchia non si può dire altrettanto dello spirito. Quello che si impara percorrendo di corsa chilometri lungo strade e sentieri è un vero e proprio stile di vita, in grado di migliorare la qualità della nostra esistenza. Dalla vetta del Kilimangiaro alla Grande Muraglia cinese, dalle corsette sotto casa alle maratone nel deserto, continua il viaggio di questi «assaggiatori di corse», come ebbero modo di definirsi, con un obiettivo preciso, dimostrare come spesso la ricerca del proprio record personale può avere come effetto collaterale la felicità. Un libro imperdibile per chi corre e per quelli che non capiscono perché, pur passati i sessanta, si continui a correre. «E poi,» ricorda Giovanni «se ho iniziato a correre io a cinquant'anni, possono farlo tutti!»

Gli Autori 
Franz Rossi è un girovago. Nato a Venezia, cresciuto a Trieste, ha girato a lungo l’Italia fino a quando ha trovato un equilibrio dinamico a metà tra Milano (da dove dirige una software house) e un paesino della Val d’Aosta (dove si rifugia nella natura). Essendo fondamentalmente un pigro, cerca di sfruttare ogni occasione per vivere le sue passioni: così viaggia per correre e conoscere persone nuove. E viaggiando colleziona storie da raccontare. Tra i suoi libri ricordiamo Corro perché mia mamma mi picchia (Mondadori 2013, con Giacomo Storti), Una seducente sospensione del buon senso. Viaggio alla scoperta di ciò che devi lasciare (Mondadori, 2016).

Giovanni Storti (Milano, 20 febbraio 1957) è un comico, attore, sceneggiatore, scrittore e regista italiano parte del noto trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo.
La parte più importante della sua carriera di attore è prima in coppia con Aldo (dal 1982) e poi, dal 1991, anche con Giacomo. Ha lavorato in Sardegna (nel 1985 continuando per qualche anno a seguire) presso il Palmasera Village Resort di Cala Gonone insieme a Marina Massironi, Aldo e Giacomo. All'epoca, con Aldo, formava un duo chiamato La Carovana.
Quello stesso gruppo vedeva giovanissimi anche Stefano Belisari (Elio e le Storie Tese) come d.j., Giorgio Porcaro, Mario Zucca, Marino Guidi, Eraldo Moretto e altri.
Oltre questo, si registra l'attività di insegnamento di acrobazia teatrale presso la Civica Scuola d'Arte Drammatica di Milano e la cura dei movimenti dello spettacolo Pugacev di Franco Branciaroli. Nel 1989 fu regista dello spettacolo Non parole ma oggetti contundenti scritto da Giacomo. Come si può dedurre dai film del trio, Giovanni è un grande tifoso interista. È inoltre l'unico componente del trio che vive a Milano, precisamente nella zona di via Paolo Sarpi. È un maratoneta e ha partecipato a diverse competizioni, tra cui una nel deserto del Sahara. Pratica il Tai Chi presso la scuola Chang di Milano.

Condividi post
Repost0
29 settembre 2017 5 29 /09 /settembre /2017 16:04

(MC) Ieri, 28 settembre 2017, è stata strappata brutalmente all'affetto dei suoi cari Alessandra Casiraghi, sorella dell'ultrarunner Monica Casiraghi, ma anche lei sportivissima con la passione dell'alpinismo d'alta quota, una passione che l'aveva portata in oltre 25 anni di attività a scalare tutte le cime alpine oltre i 4000 metri (ben 82), impresa completata nel 2016 che  l'ha collocata quarta donna italiana e sesta nel mondo a potersi fregiare di un simile titolo.
E' stata travolta da un TIR mentre andava in bici.
Accanto al dolore per la perdita di una persona tanto eccezionale, quanto schiva e poco roboante nelle sue imprese, si aggiunge lo sconcerto e lo sdegno di vedere ancora una volta una vita strappata all'affetto dei propri cari da un dvento così inaccettabile che evidenzia ancora una volta la precarietà in cui coloro che usano la bici, per passione o per sport sono costretti a muoversi, sempre sotto la spada di Damocle della distrazione o della noncuranza dei guidatori dei mezzi motorizzati, ma anche a causa della mancanza di un sistema organico di piste ciclabili, urbane ed extraurbane, come si possono trovare nella maggior parte dei paesi europei "civilizzati", di quelli cioè che si preoccupano di fornire ai propri cittadini una serie di infrastrutture non solo per lo sport e il tempo libero, ma anche per la mobilità sostenibile, espressione che dai nostri governanti è solo utilizzata come slogan vuoto e che, solo raramente, dà adito a effettivi provvedimenti organici e di ampio respiro.
A Monica Casiraghi e ai familiari tutti le nostre più sentite condoglianze, ma anche quelle di tutti gli sportivi che seguono questo Magazine.

Alessandra Casiraghi

(commento postato su FB da Fiorella Fretta) Sono davvero troppi i ciclisti che perdono la vita travolti da un'auto o da un camion, come è accaduto ieri all'amica Alessandra Casiraghi.
Alpinista per passione, sorella della cara Monica Casiraghi, l'ultrarunner pluripremiata con titoli italiani e mondiali.
Alessandra aveva raggiunto un traguardo importante: aveva scalato tutte le cime oltre i 4000 metri, ben 82 in circa 25 anni di attività, quarta donna italiana e sesta al mondo nel compiere l'impresa. Conosco Monica e solo recentemente, attraverso Facebook , ho avuto il privilegio di diventare anche amica di Alessandra.
Un'amicizia che purtroppo non si concretizzerà mai in una conoscenza diretta, perché questa donna schiva, appassionata di uno sport che l'avvicinava al cielo, ha perso la vita travolta, mentre andava in bici, da un camion.
La notizia mi ha colpita profondamente perché, anche se virtualmente, mi ero già affezionata a questa donna forte e discreta.
Mi colpisce anche l'aumento esponenziale del numero dei ciclisti travolti da camion e auto.
Se pure in certi casi gli incidenti sono da imputare a disattenzione del ciclista sono convinta che i mezzi a motore dovrebbero porre molta più attenzione nella guida.
Questi mortali incidenti strappano vite innocenti ai propri cari, ma credo che possano lasciare anche strascichi di rimorso per tutta la vita in chi li ha provocati.

Condividi post
Repost0
31 maggio 2016 2 31 /05 /maggio /2016 17:40
Circuito Ecotrail Sicilia 2016. L'Etnatrail a Ragalna, il prossimo 26 giugno,  assegnerà il "Trofeo Salvatore Crispi"
Circuito Ecotrail Sicilia 2016. L'Etnatrail a Ragalna, il prossimo 26 giugno,  assegnerà il "Trofeo Salvatore Crispi"
Circuito Ecotrail Sicilia 2016. L'Etnatrail a Ragalna, il prossimo 26 giugno,  assegnerà il "Trofeo Salvatore Crispi"
Circuito Ecotrail Sicilia 2016. L'Etnatrail a Ragalna, il prossimo 26 giugno,  assegnerà il "Trofeo Salvatore Crispi"

In concomitanza dell'Etnatrail che si svolgerà a Ragalna sulla distanza di 50 km, in programma il prossimo 26 giugno 2016 e promosso da Sportaction ASD nel contesto del Circuito Ecotrail™ Sicilia, il magazine online Ultramaratone Maratone e Dintorni ha istituito il "Trofeo Salvatore Crispi" che, dopo questa anteprima 2016, andrà a regime nelle successive edizioni.
E' stata scelta questa manifestazione, sia per la sua importanza, sia per la vicinanza in termini di date al giorno della dipartita di Salvatore Crispi, fratello del Direttore responsabile della testata e scomparso prematuramente il 21 giugno 2015.
Salvatore CrispiA distanza di poco di un anno dalla sua morte lo si vuole ricordare così, legando il suo nome al Circuito Ecotrail Sicilia e ad ASD Sportaction che si sta distinguendo nel corso di quest'anno con una campagna, quella del "Progetto Joelette", già avviata alla fine del 2015, per l'acquisto di una joelette che è una carrozzina monoruota che, trasportata da quattro portatori, rende possibile a disabili fisici e psichici la fruizione di sentieri accidentati in natura.
Salvatore Crispi, responsabile del Coordinamento H Onlus per la Tutela dei Diritti dei Disabili della Regione Sicilia, si è distinto nel corso di gran parte della sua vita per l'enorme ed ininterrotto impegno sia nel mettere in rete le associazioni che si occupano di disabilità, sia nel dar vita ad un'interfaccia produttiva di cambiamenti tra esse, i cittadini e la pubblica amministrazione.
Caposaldo del suo pensiero (e della sua prassi) era quello di abolire i particolarismi e gli interessi di parte e dar vita con diuturno impegno ad un movimento unitario di maggiore peso e sostanza nella battaglia con le istituzioni: una battaglia contro omissioni e mancate applicazioni di leggi esistenti, peraltro.
E altro punto centrale del suo pensiero è quello secondo cui la battaglia per la tutela dei diritti dei disabili è una battaglia per la tutela dei diritti civili di tutti: infatti,tutti i cittadini, prima o poi, anche quelli non disabili per malattia dalla nascita o sopraggiunta, in periodi diversi della propria vita possono doversi confrontare (anche solo temporaneamente) con analoghi problemi.
Infine, il terzo pilastro della sue riflessioni e conseguentemente delle sue battaglie, era che le disabilità non vanno privilegiate, bensì "normalizzate", considerando che i disabili sono semplicemente dei cittadini che hanno dei bisogni diversi di cui bisogna tenere conto nel contesto di una società che voglia definirsi civile.
Salvatore Crispi, disabile egli stesso dalla nascita in quanto portatore di una tetraplegia spastica di origine perinatale, è stato definito in alcuni articoli in suo ricordo comparsi alla sua morte, come "Il gigante dei diritti dei disabili".
Ed è così che lo si vuole ricordare con il Trofeo Salvatore Crispi.

In cosa consisterà il Trofeo Salvatore Crispi che arricchirà la cerimonia delle premiazioni dell'Etnatrail?
Innanzitutto, ai primi arrivati uomo e donna verrà consegnata una targa commemorativa di ceramica, realizzata in un laboratorio artigianale di Palermo.
Alle due targhe si aggiungeranno 7 medaglioni pure di ceramica, di cui cinque andranno ai quattro portatori di joelette che sarà presente per l'occasione per un giro dimostrativo e al disabile che con essa verrà trasportato.
Due medaglioni verranno consegnati al primo uomo e alla prima donna classificati appartenenti alla compagine ASD Sportaction .
Sui medaglioni, oltre ad un dettaglio del logo del Progetto Joelette, comparirà la scritta "Per l'impegno profuso".

Condividi post
Repost0
5 aprile 2016 2 05 /04 /aprile /2016 19:19
Suissegas Milano Marathon 2016 (16^ ed.). Constantin Bostan finisher su una gamba sola
Suissegas Milano Marathon 2016 (16^ ed.). Constantin Bostan finisher su una gamba sola
Suissegas Milano Marathon 2016 (16^ ed.). Constantin Bostan finisher su una gamba sola
Suissegas Milano Marathon 2016 (16^ ed.). Constantin Bostan finisher su una gamba sola

Una sintesi di immagini su Constantin Bostan

il moldavo, da tempo residente in Italia (Rho, in provincia di Milano), Constantin Bostan, amputato di una gamba e procedendo sulle stampelle aveva partecipato nel 2015 alla Firenze Marathon aveva tagliato il traguardo per ultimo, realizzando una grande - anzi grandissima - vittoria morale.
Era un suo sogno nel cassetto partecipare ad un' altra maratona e così è stato. Di nuovo sulle stampelle si è presentato allo start della Milano Marathon che è andata in scena il 3 aprile 2016 e ha tagliato il traguardo, portando a termine la sua fatica, anche questa volta con grande giubilo e anche questa volta impartendo a tutti con il suo esempio una grande lezione di vita..

Constantin Bostan è volontario soccorritore della pubblica assistenza ANPAS Rho Soccorso.

Di seguito le sue impressioni scritte nel post-gara.

Ciao a tutti. Oggi é il secondo giorno dopo la Maratona di Milano.
Mi sono preso una piccola pausa per riflettere e per mettere giù qualche riga sulla mia e sulla nostra impresa.
Giorgio, prima della maratona non mi sentivo in grande forma, ma credo che tutti abbiano sperimentato queste sensazioni nel pre-gara.
La mattina, mentre andavo prendere il treno, sentivo una pesantezza enorme. Prima di arrivare a Porta Venezia ad un certo punto, ho sentito pronunciare il mio nome, ho girato la testa e all'improvviso ho visto il nostro mitico Antonio Andò Capasso e subito dopo abbiamo preso un caffè assieme
"La barista era Moldava, molto simpatica...".
Colgo l'occasione per ringraziare qui Antonio per le sue foto che, quando capita, me le scatta sempre. Arrivando a Porta Venezia e vedendo arrivare tutti i miei compagni di squadra ‪#‎Urbanrunners‬ piano piano mi sono ripreso.
Dopo le nostre foto in gruppo e non solo, mi sono avvicinato alla linea della partenza, dove sono stato riconosciuto da diverse persone che mi avevano già visto prima e che mi chiedevano se la distanza della Maratona l'avrei percorsa tutta.
La risposta la sapete già.
Ed é già ora di partire. Ecco lo sparo dello start.
Di nuovo applausi per tutti quanti.
Al 4° km, mi si affianca, come avevamo deciso in precedenza, il grande compagno Rudy Onnyrun Canevari che, con la sua bicicletta, mi stato vicino su tutto il percorso per darmi una mano in caso di necessità.
Al 7° km c'è l'incontro con la Kanako Nasu che mi aspettava con una bottiglia di acqua, per un abbraccio e un bacio.
E di nuovo partenza e via.
Andando avanti per chilometri incontravo tutti i miei compagni di squadra e non solo che mi sostenevano con le loro incitazioni: "VAI AVANTI!".
Ho raggiunto i 21 in 3.28.59: ormai tutti erano spariti.
C'era solo il mio compagno Rudy con la bici e dei poliziotti che ci scortavano verso il traguardo.
Ho pensato: ''Neanche un politico ha avuto mai una simile scorta".
Ormai sentivo la fatica e le forze cominciavano a lasciarmi.
Ed ero già con il pensiero al 28° km dove l'anno scorso mi ero fermato: e questi 6 km sono stati un vero inferno.
Vedevo e parlavo con un altro mondo, e solo la voce di Rudy mi riportava sulla terra.
Così, dopo aver superato l'incubo del 28° km, siamo ripartiti: io mi fermavo e mi bagnavo la testa di continuo lungo il percorso.
Più in là, ci sono venuti incontro con le bici i compagni di squadra che avevano già finito la loro gara e fui felice di vederli.
All'ultima salita prima del finale c'era tutta la squadra #Urbanrunners che mi aspettava e con loro ho proseguìto per percorrere le ultime centinaia di metri.
Io vedevo e non vedevo: ero tropo cotto.
E solo il coro di incoraggiamenti mi teneva sveglio.
Negli ultimi metri, da lontano, ho visto un nastro blu e mi sono chiesto cosa fosse.
Sentivo: "Constantin, Constantin, Constantin!"
Tutti quanti mi aspettavano, taglio il nastro...
Non sapevo cosa fare prima: godere per la gioia o piangere di gioia.
Mi sono inchinato a tutti quanti per avermi regalato questa giornata piena di amore, di amicizia, di felicità.
Grazie! Un abbraccio a tutti dal vostro Constantin.

Costantin Bostan

Il vincitore della suissegas Milano marathon 2016Ed ecco un resoconto tecnico dei risultati della Suissegas Milano Marathon, nell'articolo di Matteo Moscati su www.podistilive.it.
La Suissegas Milano Marathon parla keniano: vincono Ernest Kiprono Ngeno e Brigid Kosgei che stabilisce il suo personal best. Ma anche record di partecipanti.

Si è svolta il 3 aprile 2016 la 16^ edizione di SuisseGas Milano Marathon, un’edizione di successo, che ha fatto registrare la partecipazione di quasi 20.000 runner e performance di ottimo livello, confermando ancora una volta il percorso della maratona meneghina come uno dei più veloci sul territorio italiano.

Il vincitore Ernest Kiprono Ngeno, atleta keniota classe 1995, ha tagliato per primo il traguardo in 2 ore 08’ 15”. Dietro di lui il connazionale Ishhimael Chemtan, che con 2 ore 08’ 20” ha ottenuto il suo miglior tempo personale. Risultato da record anche per il veterano Kenneth Mburu Mungara (Kenya), vincitore dell’edizione 2015, che ha chiuso terzo a 2 ore 08’ 38”, infrangendo nuovamente il primato della categoria Master M40.

Prima tra le donne la keniota Brigid Kosgei che ha corso in solitaria per tutta la gara e ha tagliato il traguardo con un tempo di 2 ore 27’ 45”, abbattendo il proprio personal best di ben 20 minuti e 14 secondi. Medaglia d’argento per la portoghese Vera Nunes (2 ore 37’ 11”), mentre terza classificata la cubana Dailin Belmonte (2 ore 42’ e 44”), qualificata alle Olimpiadi di Rio grazie al tempo ottenuto.

Condividi post
Repost0
25 febbraio 2016 4 25 /02 /febbraio /2016 07:35
(Angela Gargano alla maratona di Messina 2016 - foto di Maurizio Crispi)
(Angela Gargano alla maratona di Messina 2016 - foto di Maurizio Crispi)
(Angela Gargano alla maratona di Messina 2016 - foto di Maurizio Crispi)

(Angela Gargano alla maratona di Messina 2016 - foto di Maurizio Crispi)

Lo psicologo Matteo Simone - lui stesso ultrarunner -, nel quadro del suo progetto di sistematiche interviste a ultramaratoneti con lo scopo di tracciare i loro profili e di scoprire le loro motivazioni, ha intervistato di recente la pugliese Angela Gargano, super-maratoneta e ultramaratoneta, con un carniere di ben 707 maratone disputate in carriera (le Ultra incluse in questa cifra) ed finisher di numerose ultramaratone estreme, come la famosa "Marathon des Sables", oppure la Nove Colli Running o la Spartathlon.
Angela Gargano, alcuni anni fa, si è guadagnata la registrazione nel Guinness Book of World Records per aver corso ben 100 maratone in un solo anno.

Angela Gargano alza le braccia al cielo, tagliando il traguardo di una delle sue innumerevoli gare(Matteo Simone) Angela Gargano é una donna straordinaria. La si incontra in tante maratone, in tante ultramaratone, nelle gare più impensabili e difficili quali la Nove Colli Running sulla distanza di oltre 200 km, in gare di 24 ore di corsa, nelle 6 giorni podistiche e perfino nelle 10 giorni di corsa: insomma, sinora, la sua è stata una vita di corsa e di corse. Solare ed amichevole sempre con il sorriso e pronta ad aiutarti.

Ti sei sentita campionessa nello sport almeno un giorno della tua vita o sempre un comune sportivo?Ho vinto qualche maratona ed ultra, nel 2002 ho corso 100 maratone in un anno solare ed inscritta nel Guinness World Record, ad Antibes ho stabilito la migliore prestazione femminile italiana della 6 giorni (564,220 km) e ad Atene la migliore prestazione femminile italiana della 10 giorni (826,00 km), ma non mi sono mai sentita una campionessa. Però, una sola volta mi sono sentita tale, e non per aver vinto, semplicemente per aver tagliato il traguardo della Nove Colli (202 km)”.

Come ha contribuito lo sport al tuo benessere e quali sono i fattori che hanno contribuito al tuo benessere o alla tua performance?E’ risaputo che lo sport faccia bene. Quando corro mi sento libera, mi piace allenarmi lungo il mare per respirare ossigeno iodato, conoscere nuova gente e località interessanti. Tutto questo ha contribuito al mio benessere e, conseguentemente, a migliorare la prestazione”.

Più c’è benessere e più c’è performance, è quello che dovrebbe accadere anche nelgi ambienti di lavoro, più il personale sperimenta benessere negli ambienti di lavoro e più è produttivo e performante.

 

Come hai scelto il tuo sport?Non l’ho proprio scelto, mi si è presentato dopo il matrimonio, e l’ho adottato. La domenica, mio marito, dopo che avevamo lavorato insieme tutta la settimana, usciva per una corsetta, mentre io rimanevo in casa a pulirla e a preparare da mangiare. Ciò che ha scatenato la mia voglia di correre è stato il vederlo rientrare sudato, stanco, rilassato e felice. ‘Bene!’, dissi fra di me ‘farò altrettanto, lo seguirò!’”.

Importanti sono i modelli di riferimento, vedere altri che stanno bene facendo sport spinge a provare.

Nella tua disciplina quali difficoltà si incontrano?All’inizio gli allenamenti sono stati duri. Per me che cominciavo da zero e molto impegnata in un lavoro libero-professionale, è stato faticoso. In tutti i modi, dopo due mesi ero già schierata sulla linea di partenza della Roma-Ostia. Ma era la maratona il mio obiettivo primario, che ho realizzato poco dopo. Entrata nel mondo dei maratoneti, mi sono lasciata trascinare dalla loro filosofia di vita. Portata a termine la prima 42 km, le altre e le ultramaratone sono venute come le ciliegie tanto da averne completate 707 a tutt’oggi”.

707 maratone, un numero notevole, trattasi di una super donna.

Quale alimentazione segui prima, durante e dopo una gara?Personalmente, adoro la pasta e i dolci”.

Cosa ti farebbe mollare e cosa ti fa continuare a fare sport?Non ho mai pensato di mollare. Con l’età qualche dolorino comincia a presentarsi, ma io vado avanti e voglio imparare a convivere. Mi hanno insegnato ad ascoltare il mio cuore e la mia mente”.

Chi ha contribuito al tuo benessere nello sport o alla tua performance?Il matrimonio, che mi ha fatto conoscere il mondo della corsa. Solitamente, gestisco io la mia gara, ma in gare particolarmente difficili per una non buona organizzazione o nelle gare di montagna che presentano qualche rischio, mio marito mi è vicino e mi infonde sicurezza e benessere. Se poi voglio migliorare i miei tempi, devo obbligatoriamente fare allenamenti con mio marito; quando esco da sola o con le amiche corro a ritmi turistici.

Qual è stata la gara della tua vita dove hai dato il meglio di te o dove hai sperimentato le emozioni più belle? “In ogni gara mi impegno e cerco di dare sempre il massimo. L’emozione più grande che conservo nel mio cuore e che rivivo ogni volta che ci penso, è quella provata quando ho tagliato il traguardo della Nove Colli. Tutti gli amici romani della Villa De Sanctis mi sono venuti incontro e mi hanno accompagnato fino all’arrivo, dove c’era mio marito che mi ha abbracciato dicendomi: ‘Sei stata fortissima!’”.

La Nove Colli, una gara di 202 km con tantissimo dislivello diventa per Angela una fonte imortantissima di autoefficacia per essere riuscita a portre a termine un impresa e per il riconoscimento ricevuto da parte di tutti. Diventa una risorsa per Angela e va custodita sempre con se.

Qual è una tua esperienza che ti possa dare la sicurezza, la convinzione che ce la puoi fare nello sport o nella vita?La corsa mi ha aiutato a superare tante difficoltà, è riuscita a farmi sentire più forte, più sicura. Nel 1999 ho portato a termine la Marathon de Sables, 224 km in cinque giorni in autosufficienza idrica ed alimentare; pensavo che non sarei stata in grado di arrivare in fondo, e invece ce l’ho fatta. Questa gara mi forgiato il carattere e ha contribuito a rafforzare la fiducia nei miei mezzi”.

Ha saputo costruire la sua autoefficacia Angela, gara su gara, riuscendo ogni volta ad alzare un pochino l’asticella delle difficoltà.

Quali sono le tue capacità, risorse, caratteristiche, qualità che hai dimostrato di possedere? Umiltà, resistenza fisica e mentale, tenacia

Quali i meccanismi psicologici ritieni ti abbiano aiutano nello sport al tuo benessere o alla tua performance?La fatica non esiste. E’ un fatto psicologico. Basta non pensarci, e svanisce. In gara, può essere tanta, ma appena da lontano intravedo lo striscione d’arrivo mi sento fresca come una rosa, e felice taglio il traguardo

E’ quello che emerge dalle interviste a tanti ultramaratoneti, la fatica non esiste, c’è la voglia di misurarsi con se stessi, con gli altri, con le difficoltà, ma la stanchezza e le crisi come vengono così se ne vanno nella maggior parte dei casi.

Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua attività sportiva tesa al benessere o alla performance?A parte mio marito che crede in me e mi stimola, tutti gli altri parenti pensano che io non sia del tutto normale, specialmente quando mi hanno visto correre sotto la pioggia gelida. Sono convinti che io esageri, o per lo meno che mi sottoponga a stress che non danno nessun ritorno benefico, anzi che vada in cerca di guai!".

Ti va di descrivere un episodio curioso o divertente della tua attività sportiva?Correvamo la 100 km di Sicilia da Trapani a Palermo, e come al solito mio marito era molto avanti a me. Lo raggiunsi intorno al 50° km, notando che era claudicante e in evidente difficoltà. Mi aveva aiutato tante volte ed era mio dovere fermarmi per rendermi conto personalmente delle condizioni della caviglia che si teneva tra le mani. Gli chiesi come stesse, e mi rispose di star bene e di non aver bisogno di aiuto. Mi accorsi che mentiva per non farmi preoccupare, ma era la risposta più conveniente per me. Mi ero informata sul suo stato di salute e mi aveva rassicurato, avevo la coscienza a posto! Neppure un attimo per fermarmi, e ripartii come un razzo. L’occasione era troppo ghiotta per me. Per la prima volta nella mia vita potevo giungere prima di lui al traguardo. Fui prima assoluta, e detti un’ora di distacco a mio marito”.

Finalmente Angela ha superato anche il suo Maestro marito, bella soddisfazione anche questa, vincente e performante nello sport e nella vita famigliare.

Cosa hai scoperto del tuo carattere nel praticare attività fisica?Pensavo di essere timida, e certamente lo sono, ma ho capito che quando c’è da soffrire sono capace di tirar fuori un coraggio che non sapevo di possedere”.

Angela Gargano con Mike Bongiorno, dopo il suo record da GuinnessCome è cambiata la tua vita famigliare, lavorativa nell’aver intrapreso un’attività sportiva costante ed impegnativa?Non ha stravolto le mie abitudini condividendo con mio marito la stessa passione. E’ diventata certamente meno monotona, anzi decisamente più eccitante ed intensa”.

Quali sono o sono state le tue sensazioni pregara, in gara, postgara?Prima della gara, sono sempre un po’ tesa; in gara, la tensione passa e imposto l’andatura in sintonia con le sensazioni che provengono dal mio corpo; tagliato il traguardo, anche ad essere stanca morta, la felicità invade il mio corpo e la mia anima”.

A seguito delle tue esperienze che consiglio ti andrebbe di dare a coloro che si trovano a dover fare scelte importanti nello sport?Non andare mai oltre i propri limiti. Mantenere in gara un comportamento leale e mai barare

C’è stato il rischio di incorrere nel doping nella tua carriera sportiva?Mai!!! Non uso ristori personali, né faccio ricorso ad integratori o a farmaci analgesico-antinfiammatori. Alla 24 ore di Ciserano, sono stata sottoposta all’antidoping, ovviamente con esito negativo”.

Qual è un messaggio che vorresti dare per sconsigliare l’uso del doping e per fare uno sport teso al benessere o alla performance? “Il doping può farti migliorare qualche performance, ma a lungo andare ti distrugge sia psicologicamente che fisicamente, quindi bisogna stare lontani da quelle persone che ti promettono falsi successi”.

Riesci ad immaginare una vita senza lo sport?No! Per me lo sport è vita, però, se un giorno la condizione fisica non dovesse essere ottimale, mi adatterò alla nuova situazione”.

Come hai superato eventuali crisi, sconfitte, infortuni?La crisi, durante una gara lunga, prima o poi arriva. Bisogna camminare per qualche tratto e capire cosa sta succedendo. Di solito, così come è arrivata se ne va. Se poi è dovuta a qualcosa di più grave, bisogna avere il coraggio di fermarsi”.

E’ vero mai dire "non mi fermerò mai", è importante conoscersi bene e capire se è il momento di fermarsi per evitare ulteriori danni al proprio organismo che a volte potrebbero essere significativi ed anche irreparabili.

Ritieni utile la figura dello psicologo dello sport, se si per quali aspetti ed in quali fasi dell’attività sportiva?Non saprei. Per quanto mi riguarda, lo psicologo è dentro me”.

Quale può essere un tuo messaggio rivolto ai ragazzi per avvicinarsi a questo sport fatto di fatica, impegno, sudore, sofferenze? Lo sport fa bene, ti fa sentire più forte, ti dà sicurezza, ti fa pensare positivo. E’ una palestra che ti prepara ad affrontare le difficoltà della vita”.

Quali sono i sogni che hai realizzato e quali quelli da realizzare?Tantissimi sogni ho realizzato. Quando nel 1999 ho corso 27 maratone in un anno, sembrava che avessi fatto qualcosa di eccezionale, tanto che Giuliano Orlando, giornalista di Correre, mi dedicò tre pagine sulla rivista; ero su tantissimi settimanali, Gente, Donna Moderna e tanti altri, parlavano di una donna sempre in corsa, una stakanovista della maratona; fui invitata anche alla trasmissione televisiva La Ruota della Fortuna, condotta da Mike Buongiorno. La corsa mi ha fatto conoscere molte belle persone e mi ha fatto visitare molti luoghi. Ho corso nel deserto, al circolo polare artico, sull’Himalaya, in grandi città e in località sperdute che mai mi sarei sognato di visitare. Ho al mio attivo anche qualche buona performance come ho già riferito. Ma sogno ancora, come prima e più di prima. E’ arida una vita senza sogni. Quello più ricorrente è tagliare il traguardo di Atene-Sparta”.

Condividi post
Repost0

Presentazione

  • : Ultramaratone, maratone e dintorni
  • : Una pagina web per parlare di podismo agonistico - di lunga durata e non - ma anche di pratica dello sport sostenibile e non competitivo
  • Contatti

About

  • Ultramaratone, maratone e dintorni
  • Mi chiamo Maurizio Crispi. Sono un runner con oltre 200 tra maratone e ultra: ancora praticante per leisure, non gareggio più. Da giornalista pubblicista, oltre ad alimentare questa pagina collaboro anche con altre testate non solo sportive.
  • Mi chiamo Maurizio Crispi. Sono un runner con oltre 200 tra maratone e ultra: ancora praticante per leisure, non gareggio più. Da giornalista pubblicista, oltre ad alimentare questa pagina collaboro anche con altre testate non solo sportive.



Etnatrail 2013 - si svolgerà il 4 agosto 2013


Ricerca

Il perchè di questo titolo

DSC04695.jpegPerchè ho dato alla mia pagina questo titolo?

Volevo mettere assieme deio temi diversi eppure affini: prioritariamente le ultramaratone (l'interesse per le quali porta con sè ad un interesse altrettanto grande per imprese di endurance di altro tipo, riguardanti per esempio il nuoto o le camminate prolungate), in secondo luogo le maratone.

Ma poi ho pensato che non si poteva prescindere dal dare altri riferimenti come il podismo su altre distanze, il trail e l'ultratrail, ma anche a tutto ciò che fa da "alone" allo sport agonistico e che lo sostanzia: cioè, ho sentito l'esigenza di dare spazio a tutto ciò che fa parte di un approccio soft alle pratiche sportive di lunga durata, facendoci rientrare anche il camminare lento e la pratica della bici sostenibile. Secondo me, non c'è possibilità di uno sport agonistico che esprima grandi campioni, se non c'è a fare da contorno una pratica delle sue diverse forme diffusa e sostenibile. 

Nei "dintorni" della mia testata c'è dunque un po' di tutto questo: insomma, tutto il resto.

Archivi

Come nasce questa pagina?

DSC04709.jpeg_R.jpegL'idea motrice di questo nuovo web site è scaturita da una pagina Facebook che ho creato, con titolo simile ("Ultramaratone, maratone e dintorni"), avviata dall'ottobre 2010, con il proposito di dare spazio e visibilità  ad una serie di materiali sul podismo agonistico e non, ma anche su altri sport, che mi pervenivano dalle fonti più disparate e nello stesso tempo per avere un "contenitore" per i numerosi servizi fotografici che mi capitava di realizzare.

La pagina ha avuto un notevole successo, essendo di accesso libero per tutti: dalla data di creazione ad oggi, sono stati più di 64.000 i contatti e le visite.

L'unico limite di quella pagina era nel fatto che i suoi contenuti non vengono indicizzati su Google e in altri motori di ricerca e che, di conseguenza, non risultava agevole la ricerca degli articoli sinora pubblicati (circa 340 alla data - metà aprile 2011 circa - in cui ho dato vita a Ultrasport Maratone e dintorni).

Ho tuttavia lasciato attiva la pagina FB come contenitore dei link degli articoli pubblicati su questa pagina web e come luogo in cui continuerò ad aprire le gallerie fotografiche relative agli eventi sportivi - non solo podistici - che mi trovo a seguire.

L'idea, in ogni caso, è quella di dare massimo spazio e visibilità non solo ad eventi di sport agonistico ma anche a quelli di sport "sostenibile" e non competitivo...

Il mio curriculum: sport e non solo

 

banner tre rifugi Val Pellice 194x109

IAU logo 01
  NatureRace header
BannerRunnerMania.JPG
 banner-pubblicitario-djd.gif
VeniceUltramarathonFestival
supermaratonadelletna.jpg
LogoBlog 01
runlovers
atletica-notizie-01.jpg


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pagine

Gli articoli più letti negli ultimi 30 giorni

 

ultrasportheader950.gif

 

 

Gli articoli più visti dal 24/03/2014 al 24/04/2014
Mobile Virgin Money London Marathon 2014 (33^ ed.). L'evento è stato… 2 303
Articolo Virgin Money London Marathon 2014 (33^ ed.). L'evento è stato… 1 728
Home Ultramaratone, maratone e dintorni 579
Mobile Maratona del Lamone 2014. Podisti fanatici e ignoranti affermano: Ti… 247
Articolo Ciao, Carmelo! Il commiato di Elena Cifali - Ultramaratone, maratone… 241
Articolo Corsa, fatalità e senso di responsabilità - Ultramaratone, maratone e… 236
Mobile Ciao, Carmelo! Il commiato di Elena Cifali - Ultramaratone, maratone… 223
Mobile UltraMilano-Sanremo 2014 (1^ ed.). Il sapore della sfida, a pochi… 206
Articolo UltraMilano-Sanremo 2014 (1^ ed.). Il sapore della sfida, a pochi… 196
Mobile Virgin Money London Marathon 2014 (34^ ed.). L'evento è stato… 134
Articolo Maratona del Lamone 2014. Podisti fanatici e ignoranti affermano: Ti… 118
Mobile A 98 anni suonati Giuseppe Ottaviani fa incetta di Ori a Campionati… 104
Mobile Corsa, fatalità e senso di responsabilità - Ultramaratone, maratone e… 103
Articolo A 98 anni suonati Giuseppe Ottaviani fa incetta di Ori a Campionati… 102

 

Statistiche generali del magazine dalla sua creazione, aggiornate al 14.04.2014

Data di creazione 12/04/2011
Pagine viste : 607 982 (totale)
Visitatori unici 380 449
Giornata record 14/04/2014 (3 098 Pagine viste)
Mese record 09/2011 (32 745 Pagine viste)
Precedente giornata record 22/04/2012 con 2847 pagine viste
Record visitatori unici in un giorno 14/04/2014 (2695 vis. unici)
Iscritti alla Newsletter 148
Articoli pubblicati 4259


Categorie

I collaboratori

Lara arrivo pisa marathon 2012  arrivo attilio siracusa 2012
            Lara La Pera    Attilio Licciardi
 Elena Cifali all'arrivo della Maratona di Ragusa 2013  Eleonora Suizzo alla Supermaratona dell'Etna 2013 (Foto di Maurizio Crispi)
            Elena Cifali   Eleonora Suizzo
   
   
   
   
   
   

ShinyStat

Statistiche