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17 luglio 2015 5 17 /07 /luglio /2015 06:14
(Foto di Gioacchino Migliore)
(Foto di Gioacchino Migliore)

(Foto di Gioacchino Migliore)

Prendendo spunto dall'articolo pubblicato in data odierna su questo magazine,con il titolo "Circuito Ecotrail Sicilia. In scena sul versante Etna Sud, l'Etna Trail (Nicolosi), valevole come 8^ prova del circuito siciliano del Trail", Aldo Siragusa, uno dei prinicipali ideatori del Circuito Ecotrail Sicilia, ha ritenuto opportuno fare alcune precisazioni che qui di seguito pubblichiamo, statuendo con argomentazioni stringenti il primato "storico" dell'Etnatrail che rappresenta l'incarnazione di un suo progetto e che si adesso semplicemente spostato di sede.
Non di una prima edizione si tratta, dunque (e ciò sarebbe vero soltanto pe il sopraggiunto cambio di location), ma di una sesta edizione che si pone in tatale continuità storica, di identità, di spirito con le precedenti edizioni.

 

Foto di Maurizio Crispi

Foto di Maurizio Crispi

Gentile direttore,
nel ringraziarla per la sua attenzione nei confronti della disciplina che pratichiamo, e nel complimentarmi con lei per il suo approccio alla notizia che non si ferma mai a uno sterile racconto dei fatti, sento la necessità di fare alcune precisazioni all’ultimo articolo da lei pubblicato in cui parla del “caso Etna Trail”.
La puntualizzazione che ritengo più importante, riguarda la storicità dei due eventi, mentre mi limiterò solo ad accennare alle questioni che riguardano le divergenze che mi hanno portato a escludere il gruppo di Linguaglossa dal mio progetto.
Vado a esporre sinteticamente la cronologia dei fatti:
Il progetto Etna Trail prende vita già nel 2010 col nome "Ecotrail dell’Etna", quando, dalle ceneri di una corsa organizzata da Alfio Greco, ho messo su, con la collaborazione di quest’ultimo, una gara di 17 km, con partenza dal Rifugio Citelli, inserita nel Circuito Ecotrail Sicilia.
Nel 2011 all’Ecotrail dell’Etna si aggiunse l’Ecotrail di Linguaglossa, di 20 km, organizzato all’interno del Circuito dall’Atletica Linguaglossa in collaborazione con ASD Sportaction.
Nel 2012 proposi di unire i due percorsi e creare così un unico evento col nome Etna Trail, denominazione che è stata partorita dalla mia mente.
Il percorso misurava 30 km.
Proposi di creare per il 2013 un evento di respiro internazionale con un percorso più lungo. La proposta venne bocciata perché ritenuta troppo impegnativa.
Nel 2013 riuscii a fare passare l’idea dell’ultratrail da organizzare per l’anno successivo.
In funzione di questo progetto venne fondata l’ASD Etna Trail che avrebbe organizzato con ASD Sportaction la 30 km del 2013 e la 64 km del 2014. Disegnai di mio pugno il logo della manifestazione.
Sottolineo che l’Associazione Etna Trail ASD nacque in seguito e in funzione dell‘evento, e non è quindi da essa che viene generato l’evento.
Si arriva così al 2014: si crea uno staff e si marcia spediti verso il 2 agosto, data della gara.
Cerco di inculcare allo staff l’idea che abbiamo necessità di dare un’impronta diversa all’organizzazione, di essere più professionali per dare un servizio adeguato agli ospiti che verranno anche dall’estero.
Purtroppo tutto questo non è successo, l’organizzazione è rimasta troppo vicina allo standard “amatoriali” e si è preferito troppo spesso privilegiare le amicizie piuttosto che le regole, sia prima, sia durante la gara (i più attenti sanno a cosa mi riferisco).
Più si avvicinava l’evento, e più venivo tenuto lontano dal “cuore” del’organizzazione.
Alla fine mi è stato pure rimproverato di non essere stato abbastanza presente e che il mio apporto all’organizzazione è stato quasi superfluo.
Nel corso di questi anni, inoltre, mi è successo più volte di dover ricorrere al da lei citato "gentleman’s agreement" per riallacciare i rapporti con Santoro che è arrivato anche a cancellarmi dai suoi amici (parlo del più comune social network di utilizzo), perché non sopportava il fatto che io mettessi il rispetto delle regole al di sopra dell’amicizia.
E il gruppo di Linguaglossa lo ha sempre appoggiato.
Per tutto questo, dal 2015, ho deciso di portare avanti il mio progetto senza di loro, perché sulle loro gambe stava andando alla deriva, lontano dai miei principi, dalla mia idea di Trail, di sport in generale e, soprattutto, lontano dalla mia filosofia di vita.
In conclusione:
Il nome e il marchio Etna Trail li ho creati io ed è per questo che li rivendico.
Etna Trail, che nasce nel 2010 continua il suo percorso a Nicolosi, insieme con Rosario Verona.
Se si deve parlare di un Etna Trail storico, ci si deve riferire a quello di Nicolosi, che è quindi alla sua sesta edizione.
L’”appannamento dell’ spirito trail” non riguarda il Circuito Ecotrail Sicilia. Specialmente adesso che alcuni personaggi che se ne erano resi responsabili in passato sono stati “smorzati” e hanno deciso di loro sponte di allontanarsene.
Io non impugno alcun tomahawk.
Ho un’idea di fare sport che è condivisa da centinaia di trail runner che partecipano al Circuito e da 11 associazioni che organizzano in collaborazione con la mia altrettante prove del Circuito.
Seguo un percorso preciso e mi sforzo di essere coerente. Non mi preoccupo di contrastare chi non è d’accordo con me, mi limito ad ascoltarlo e andare avanti per la mia strada.
Quello che ho scritto non ha l’obiettivo di pormi su un piano di superiorità rispetto a nessuno.
Voglio solo prendere le distanze, con rispetto, da chi ritengo diverso da me, perché quello che rivendico non è tanto un nome o un marchio, ma un’identità.

Cordialmente,

Aldo Siragusa

Aldo Siragusa

Seguendo il link, si può leggere l'articolo cui si riferisce Aldo Siragusa

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13 luglio 2015 1 13 /07 /luglio /2015 11:00
Lo stakanovistiko furore dei runner che corrono sotto la canicolaLo stakanovistiko furore dei runner che corrono sotto la canicola
Lo stakanovistiko furore dei runner che corrono sotto la canicola

Sotto una canicola quasi agostana, si è svolta nel pomeriggio di sabato 11 luglio 2015 6 la prima edizione della 6 ore Capo d'Orlando by Night (1^ edizione), promossa dalla ASD Capo d'Orlando e da Cinzia Sonsogno, ideatrice ed anima organizzativa dell'evento.

Ma non voglio parlare qui della gara, cui ho dato risalto in uno specifico articolo, bensì alle temperature tropicali che hanno afflitto i podisti (o riempito il loro animo di gioia: dipende dal punto di vista...).
Quando fa caldo ci si difende in tutti i modi possibili... e, in mancanza d'altro, anche un bicchiere d'acqua rovesciato sulla testa procura beneficio...

I runner in queste contingenze danno prova di essere degli autentici gladiatori, votati alla sofferenza auto-inflitta e alla stoicità di limpidissima fattura, che di più non si potrebbe.
Soprattutto quando - con stakanovistiko furore - si fa professione di fede podistica, martirizzandosi su di un lungomare assolato, immersi in un'afa sciropposa che stimola la sudorazione copiosa come se la pelle fosse un colabrodo e, soprattutto, stando costantemente in vista del la spiaggia dove una folla multicolore di bagnanti se la gode all'ombra di ombrelloni altrettanto multicolori e si immerge nelle fresche acque marine.
Il podista di lungo corso, sotto questo profilo, possiede un'anacoretica vocazione: mortificando la propria carne e sottoponendo il proprio spirito a simili ardue imprese è sicuramente alla ricerca di qualcosa di trascendente, a meno che - segretamente - perchè nulla deve trapelare attraverso la dura scorza del runner resiliente di fronte ad ogni impresa, umana e sovrumana, non alberghi il desiderio di chiare, fresche e dolci acque in cui immergersi indolentemente e dove restare a bagnomaria per interminabili ore di puro godimento.
Ma se c'è tale desiderio viene tenuto a freno e viene controllato con sforzi raddoppiati o triplicati sotto la più ardente canicola.
Onore, dunque, ai gladiatori della 6 ore podistica di Capo d'Orlando!
Magari, grattando via lo stoicismo di superficie, qualcuno avrebbe desiderato correre questa gara con due mesi di anticipo, con una situazione climatica più favorevole; oppure, come si è fatto in altre circostanze e in altri luoghi, interamente by night, con partenza a mezzanotte e conclusione alle 6.00 del mattino, con cappucino e cornetto (o bombolone) a titolo di ricompensa ben meritata.
E questo suggerimento viene lanciato agli organizzatori per una prossima edizione.

Lo stakanovistiko furore dei runner che corrono sotto la canicolaLo stakanovistiko furore dei runner che corrono sotto la canicola
Lo stakanovistiko furore dei runner che corrono sotto la canicola
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12 luglio 2015 7 12 /07 /luglio /2015 07:35
E' possibile partecipare ad una 100 km, camminando? Sì, ponendosi degli obiettivi di andatura al km

Qualcuno ogni tanto chiede se è possibile partecipare ad una 100 km, camminando.
Sì, è possibile, a condizione che la gara prescelta per una prima partecipazione abbia il requisito di un tempo massimo concesso al singolo atleta ampio: che per l'impresa di correre una 100 km camminado, per quanto a passo svelto, deve essere non meno di 20 ore.
Data questa condizione di base si può sviluppare il proprio personaggio progetto, scegliendo se allenarsi alla camminata normale veloce, oppure prepararsi ad una camminata Nordic Walking, utilizzando quindi le tradizionali bacchette.
Ho conosciuto molti atleti che, nel loro primo approccio alla 100 km del Passatore (che è idonea sotto questo punto di vista, poichè il suo tempo massimo è di 20 ore) che si sono allenate pper percorrere la distanza a passo svelto.
Alcuni, dopo questa prima soddisfacente esperienza, hanno deciso di passare alla corsa; altri, invece hanno perseverato nella camminata.

Ho ricevuto, ad esempio, questa lettera: "Sono un 50enne che, da luglio 2014, cammina 2 e più ore ogni giorno. Ho perso già 25 kg ed altri mi appresto a perderne sempre camminando. Ho contattato l'organizzazione della 100km del Passatore e la signora Tatiana mi riferisce che posso partecipare, anche camminando, ma nel tempo massimo delle 20 ore. Non ho mai fatto nulla del genere e credo di essere impazzito, ma ogni volta che vedo i volti di chi ha partecipato mi viene un nodo in gola ed una forte commozione. Vorrei avere la possibilità di sapere da che parte cominciare. la ringrazio per tutta la sua disponibilità".

La mia risposta. "Ottimo proposito! Sì, una Cento chilometri si può senz'altro portare a compimento, anche camminando, ma deve trattarsi di una camminata veloce nel senso che occorre coprire - per stare in un tempo massimo di 20 ore - circa 6 km in un'ora, e non meno, perché bisogna tenere conto delle soste fisiologiche, di quelle per alimentarsi e per eventuali cambi.
Le consiglio di estendere il suo raggio di azione, con almeno 4 uscite infrasettimanali ed una lunga la domenica, inserendo anche delle lunghe camminate in salita, considerando che i primi 50 km della 100 del Passatore sono in salita.. Le consiglio inoltre,nei giorni in cui non esce a camminare, di fare delle passeggiate in MTB e esercizi in palestra, per rafforzare schiena e addominali.
Ha tutto il tempo per prepararsi adeguatamente: il suo obiettivo dovrebbe essere quello di camminare ad un andatura di 6 km all'ora (6X10=60) e così le rimangono così altre 10 ore per completare con un buon margine per eventuali imprevisti.
Deve lavorare sulla resistenza e sulla regolarità dell'andatura: per uno stimolo maggiore, potrebbe organizzarsi degli itinerari pedestri da una città all'altra, con ritorno in treno o con altri mezzi.
Le consiglio di dotarsi di un garmin per poter quantificare e statisticare i suoi allenamenti.
Dovrebbe provare tutta l'attrezzatura necessaria in corso di gara, vestiario, scarpe, e altri accessori e trovare ciò che le pare più comodo e convenie
nte.
Durante la prova, utilizzare rigorosamente ciò che ha già provato. Deve accrescere la sua autonomia di percorrenza sino a un mese prima della gara e poi praticare solamente allenamenti di mantenimento. Non esiti a chiedermi ulteriori consigli.
Per uno stimolo maggiore potrebbe provare a partecipare in via prelliminare a qualche manifestazione di 6 e 12 ore podistich
e".

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7 maggio 2015 4 07 /05 /maggio /2015 05:56
Agli organizzatori di eventi podistici siciliani. Analisi e proposte di una runner siciliana stressata dal troppo che stroppia

Il troppo stroppia sembra voler dire Elena Cifali nella sua lettera indirizzata agli organizzatori di eventi podistici siciliani, sepcie quando a metterci lo zampino sono il caldo o la scarsa efficienza di alcuni eventi podistici.

Eventi podistici inflazionati e pompati dalla loro adesione al Circuito Grand Prix, podisti intruppati che si spostano in massa per partecipare ad una garetta di 10 km, affrontando anche viaggi di centinaia di chilometri, magari disertando eventi podistici che avrebbero più a portata di mano (vedi la concomitanza tra la Maratona di Siracusda e la 10 km di Capo d'Orlando, tanto per fare un esempio), il caldo eccessivo che arriva a stroncare come un maglio anche i podisti più volenterosi e preparati, organizzazioni di gara approssimative che non sempre garantiscono ai runner partecipanti l'agio necessario.

Tutto questo è delineato nella lettera di Elena Cifali, incluse la rassegna di alcune possibili soluzioni: una lettera che va letta e meditata, augurandosi che possa suscitare un proficuo dibattito.

Cari amici,
mi permetto di usare un tono confidenziale con voi perché da anni fate parte della mia vita e da altrettanti anni riempite le mie domeniche di sport.
Questa mia non vuole essere una lettera gonfia di critiche o attacchi, ma una proposta di crescita e miglioramento.
Le mie riflessioni scaturiscono dalla Mezza Maratona di Marsala dello scorso 19 aprile, inserita nel Grand Prix di Maratonine del panorama siciliano.
La gara si è svolta in condizioni ambientali anomale a causa del gran caldo, arrivato quasi improvviso dopo un inverno insolitamente rigido e piovoso.
La settimana successiva la Maratona di Siracusa è stata disputata in condizioni climatiche ancora più critiche, mentre - contestualmente - si svolgeva la gara di Capo d’Orlando sulla distanza di 10 km, inserita anche questa nel circuito Grand Prix di corse su strada siciliane.
Questa concomitanza di eventi, di gare, non ha giovato a nessuna delle due organizzazioni che, purtroppo, si sono viste “rubare” gli atleti da una parte e dall’altra.
Mi chiedo se non fosse stato più saggio per gli organizzatori della Maratona (ad onor del vero, nella all’interno della distanza regina si poteva scegliere di correre la mezza maratona e anche la dieci chilometri) anticipare di qualche settimana un evento così importante e faticoso per gli atleti.
Con le alte temperature estive non si scherza, soprattutto quando queste arrivano improvvisamente a colpire la nostra Sicilia.
La maratona di Terrasini dello scorso 3 maggio ha completato l’opera con le sue temperature roventi.
Bisognerà evitare che in futuro le gare diventino un gioco al massacro, disputandole in date che poco considerano le temperature.
A tal proposito mi viene in mente la Maratona di Palermo, prevista per il prossimo 2 giugno 2015.
Il 2 giugno!
42.195 metri corsi con temperature tropicali. Ma scherziamo?
Qualcuno potrà obiettare dicendo che sono sempre liberissima di non partecipare, senza vituperare la manifestazione.
Ma lo scopo ultimo dello sport amatoriale non è la partecipazione, il divertimento e la crescita dell’evento?
Non dimentichiamo che i nostri eventi sono anche fonte di turismo e di business per le località che ospitano gli atleti e le loro famiglie, oltre che fonte di valorizzazione del territorio.
Capisco perfettamente che non si possono accontentare le necessità di tutti, ma il movimento podistico siciliano è cresciuto di anno in anno facendo registrare sempre più presenze e, a tal proposito, bisognerà considerare anche gli spostamenti.
Ad aggravare le già precarie condizioni del sistema viario siciliano è arrivato il crollo del Viadotto Himera dell’autostrada Palermo-Catania. Ciò penalizza gli spostamenti di tutti quei runner che si muovono da una parte all’altra dell’isola per correre, a volte, anche solo poche migliaia di metri.
Ed allora, le proposte per il 2016 potrebbero essere:

1. organizzare mezze maratone e maratone entro il mese di marzo e da ottobre in poi;
2. evitare la concomitanza di gare di importanza regionale;
3. tenere conto della “spaccatura” della Sicilia;
4. organizzare anche nelle ore pomeridiane e serali, là dove è possibile.

Si potrebbe predisporre, fin da subito un tavolo di programmazione che contempli la presenza degli organizzatori, siano essi di maratone, mezze maratone e gare di Grand Prix.
Si potrebbero eleggere rappresentanti degli atleti che facciano da portavoce per le sempre crescenti difficoltà che domenica dopo domenica s’interpongono tra il divertimento e il sacrificio.
Sono certa che, tra coloro che storceranno il naso davanti a queste proposte considerandole arroganti e sfrontate, altrettanti inizieranno a riflettere e pensare a soluzioni alternative che rendano questo nostro sport sempre migliore, nel rispetto delle città, degli organizzatori e dei podisti.
Con i miei migliori saluti, una di voi
Elena Cifali

Elena Cifali

Elena Cifali con la sua lettera aperta mette il dito in una ferita aperta e sempre aperta.

Il fatto è che gare ce ne sono tantissime: ognuno, ogni società vuole fare la sua per motivi anche di budget, perchè i contributi FIDAL che si ricevono (oltre a quelli regionali) vengono anche misurati sulla base del tipo e del numero di eventi che, come società riesci ad organizzare.

L'altro problema - è quello il problema principale - è la logica perversa dei circuiti Grand Prix (per nan parlare dei loro corrispettivi targati UISP) che fanno diventare la partecipazione a singole gare quasi come un lavoro (per il pompaggio da parte dei Presidenti di Club che richiedono ai loro iscritti la tassativa partecipazione alle gare di Grand Prix per fare numero e per garantirsi buone posizioni nella classifica societaria), con l'assurdo di "migrazioni" di massa per andare a partecipare ad una gara di una decina di chilometri a 300 km di distanza.

Si deve accettare che di gare ce ne possano mettere molte, ma lasciandole vivere di una vita locale: le fa chi le vuole fare e che abita sul posto (quindi più gare ci sono, da un certo punto di vista, meglio é: le potremmo definire "gare a chilometro zero".

Si potrebbe optare su di una maggiore duttilità: meno gare di Grand Prix, più gare locali (e queste ultime di sabato pomeriggio), in modo tale che ai più avidi di gare rimanga la possibilità di gareggiare in una gara più importante la domenica. Per dire: garetta divertente di 10 km il sabato, mezza maratona o maratona la domenica).

La stagionalità delle gare podistiche è impensabile, dato il loro numero e dato il nostro clima che escluderebbe periodi molto prolungati dell'anno.

Si potrebbe richiedere una migliore organizzazione per fronteggiare il caldo eccessivo (spugnaggi abbondanti, docce volanti).

E, soprattutto, è il circuito Grand Prix che avvelena l'atmosfera, facendo sì che la partecipazione alle gare del circuito diventi una specie di lavoro per decine e decine di runner

Inoltre bisogna accettare la logica che alcune gare si sovrappongano, cominciando a considerare che specie le Maratone e Ultra debbano avere un bacino di utenza differente, così come del resto le gare di tipologia trail, brevi o lunghe che siano.

Detto questo: piatto ricco mi ci ficco.

Più opportunità di scelta ci sono meglio è per tutti, partendo dal presupposto che si possa scegliere e soprattutto divertirsi. Più sana "concorrenza" c'è, più gli organizzatori di gare possono sentirsi spinti a migliorare la loro offerta (più servizi, migliore assistenza, maggiori bonus e benefit agli atleti che partecipano alla loro gara, scegliendola tra molte altre).

Più gare ci sono e più opportunità ci sono di scegliere quelle che si svolgono in posti belli, dove si trova una calda ospitalità, dove c'è una ottima organizzazione.

E soprattutto occorre rcordarsi che è il circuito di Grand Prix con le sue logiche ferree di produttività ad impedire il libero articolarsi di queste logiche.

Quindi meno Grand Prix e più gare podistiche "locali" nel pieno significato del termine.

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30 aprile 2015 4 30 /04 /aprile /2015 06:25
Alla partenza d'una maratona i subdoli artiglieri sono tra noi
Alla partenza d'una maratona i subdoli artiglieri sono tra noi
Alla partenza d'una maratona i subdoli artiglieri sono tra noi
Alla partenza d'una maratona i subdoli artiglieri sono tra noi

Sono riuscito a recuperare questo mio articolo pubblicato su podisti.net, il 1° marzo 2006. Lo ripropongo qui, anche perchè in una delle tante riformattazioni della piattaforma operativa di podisti.net, il testo ha subito delle perdite di formattazione che ne rendono la lettura fastidiosa. Lo ripropongo, quindi, tentando di recuperarne la formattazione originaria.
Ricordo che mi diverti davvero tanto, quando lo scrissi.

(Maurizio Crispi) Mentre la maratona è una gara individuale (in linea di massima, ognuno si confronta da solo con la sua fatica), quando si avvicina il momento del fatidico sparo (o colpo di cannone che sia, come a New York) si sta tutti ammassati in uno spazio ristretto (formando una massa umana che, nelle grandi maratone, assume proporzioni quasi bibliche, quelle - per intenderci - "over-10.000" partenti).

Si sta compressi in uno spazio limitato, tanti corpi a stretto contatto l'uno dell'altro, a volte impilati come sardine.

Questo è  un grande vantaggio nelle giornate particolarmente fredde: il calore animale che si sprigiona da tutti questi corpi e dai respiri che immettono aria calda e umida crea una cappa di temperatura confortevole che spiega perché tanti possono starsene tranquillamente in canotta e pantaloncini senza battere ciglio.

Nello stesso tempo, nei minuti d'attesa, bisogna confrontarsi con una miriade di sensazioni olfattive: dai buoni odori di bucato ancora fresco dei panni da jogging indossati puliti, a quello di deodorante, di acque di colonia e lozioni dopobarba applicati a profusione, alle molteplici puzze di sudorazioni più o meno stantie, all'afrore di corpi non sempre ben lavati, all'odore forte e stucchevole di olio canforato e di tutte quelle creme, unguenti e lozioni che i podisti amano applicarsi alle gambe e alle cosce prima di una gara lunga.

A volte, a questi odori, si mescola il sentore più ammoniacale dell'urina, quando - soprattutto nelle maratone "giganti" (tipo New York) - molti distillano le loro ultime gocce di piscio direttamente sul posto, a volte sulla felpa buttata via per evitare schizzi molesti sulle scarpe dei vicini (bontà  loro...).

I maschietti sono in genere i più disinvolti in queste procedure d'emergenze; le donne, più pudiche, si arrangiano prima come possono, ma non mi è mai capitato di osservare che una podista in mezzo alla folla dei partenti provvedesse ad una pipì d'emergenza...).

Su questa dissonante "sinfonia" odorosa che funge - per così dire - da "base musicale" in un immaginario karaoke olfattivo, s'innestano a volte miasmi fetidi e pestilenziali che ammorbano l'aria tutt'attorno, impestando irrimediabilmente i panni che uno ha addosso: e non c'é niente da fare, in questi casi. Si può solo subire, facendo buon viso a cattivo gioco: non ci sono finestre o porte che si possano spalancare, non una ventola aspirante da mettere in funzione, non lenzuola e coperte da sventolare e nemmeno si può andar via alla ricerca d'una boccata d'aria pura.

Quando ciò accade si vivono terribili momenti d'autentica ansia claustrofobica, mentre ci sembra di soffocare.

Analogamente, può accadere che, già  in gara, ci si trovi ad attraversare un'invisibile nuvola fetida, rimasta dopo il passaggio di qualcuno davanti a noi: ma in questi casi, il danno é decisamente di minore entità. E' sufficiente trattenere il respiro per pochi secondi e il fetore ce lo siamo già  lasciato alle spalle.

Mentre siamo ammassati in attesa della partenza, quello che ci tormenta é una particolare figura di podista che potremmo definire il "subdolo artigliere" che colpisce con le sue "bombe" silenziose nel più completo anonimato. Si verifica esattamente la stessa situazione che ci si può trovare a sperimentare su di un mezzo pubblico affollato: all'improvviso l'aria si fa mefitica, tutti sgranano e roteano gli occhi, prendendo a guardare con sospetto o con espressione torva le persone più vicine, mentre al contempo cercano di trattenere il respiro il più a lungo possibile. In questi casi, si potrebbe ipotizzare che colui che ha colpito, cioè il "subdolo artigliere" di turno, se ne stia lì a recitare anche lui una solerte sceneggiata, mettendosi nei panni di chi ha subito la grave "offesa" olfattiva. In questi casi, il peto che arriva silenzioso non solo ha un potere ammorbante, ma ingenera immediatamente anche una velenosa atmosfera di sospetti reciproci: non v'é dubbio che, considerando che nessuno alzerà mai il braccio per dichiararsi il responsabile, ciascuno dei presenti potrebbe essere stato il colpevole. Ognuno scruta l'altro alla ricerca di un segno qualsiasi che tradisca il giuda, un'involontaria dichiarazione di colpevolezza, una qualche espressione di autocompiacimento. Ma veramente di rado accade che il responsabile possa essere beccato.

Ma chi é il "subdolo artigliere"?

Ve lo spiego subito.

I subdoli artiglieri sono come i franchi tiratori della flatulenza, ma sono anche come coloro che lanciano un sasso nascondendo subito dopo la mano che l'ha lanciato (anzi, senza nemmeno farla apparire). Un tizio (che ha voluto rimanere nel più rigoroso anonimato, proprio come i subdoli artiglieri di cui disquisisce) si é dato la pena di scrivere un'interessante e divertente trattatello dal titolo, L'arte di petare, ovvero il manuale del subdolo artigliere (ES Edizioni, 1998). Al titolo d'aggiunta, per la verità, la seguente dizione: "A cura del Conte de la Trompette, Medico del Cavallo di Bronzo, ad uso delle persone costipate". Scrive l'anonimo autore del piccolo e originale saggio, pubblicato in Francia nel 1964, irresistibile ed interessante (su cui meditare, ma anche da leggere in compagnia):

"Petare è un arte, dunque una cosa utile alla vita, come sostengono Luciano, Ermogene, Quintiliano e molti altri ancora. In effetti, saper petare correttamente é più importante di quanto solitamente si ritenga. Infine, si può petare con metodo e con gusto, come saprò dimostrarvi in questa trattazione. Non esito dunque a render pubbliche le mie ricerche e le mie scoperte su di un'Arte di cui é impossibile trovare alcunché di soddisfacente financo nei più ponderosi dizionari nei quali, incredibile a dirsi, il peto sovente non é neppure considerato degno d'esser menzionato. Mi accingo così a offrire i principi di quest'arte a ogni lettore desideroso di ficcarci il naso".

Sembra voler suggerire il nostro Autore che "petare" sia un'arte che può raggiungere in alcuni casi vette sublimi, nonché un'attività  pregevole per mantenersi in una condizione di buona salute. Ma, secondo le tesi dell'autore, oltre alla meticolosa nomenclatura classificatoria delle diverse morfologie del "vero" peto si affiancano altre due forme di ventosità  fastidiose e nefaste che screditano la buona reputazione di cui dovrebbe godere il peto "vero" e "puro".

Ammonisce, dunque, il nostro Autore:

"Il vero peto [o chiaro] è privo di odore, o ne ha così poco da non aver la forza di oltrepassare lo spazio che separa il varco da cui esce al naso dei presenti. Lo stesso nome latino del peto crepitus indica un rumore privo d'odore, e il malinteso nasce probabilmente dal fatto che in genere si confonde il peto con altre due ventosità, queste due funeste. La prima offende l'odorato e si chiama volgarmente loffia o, se si preferisce, peto muto o peto femmineo. La seconda, quella che offre lo spettacolo più odioso, viene chiamata peto spesso o correggia del manovale. La loffia caricata unicamente di quel che ha saccheggiato in precedenza, guadagna l'uscita senza far rumore ma in cambio offende nel modo più funesto l'odorato" (ib., pp. 20-22).

Sorvolando, invece, per decoro, sulla descrizione del peto spesso (che è quello che in dialetto siciliano viene definito come  piritu cu giummo (espressione idiomatica di cui, sempre per decoro, vi risparmio la traduzione), la loffia, cioè la ventosità  silenziosa (che arriva senza essere stato annunciata prima da alcun rumoreggiamento e, dunque, definibile come un "lampo" olfattivo, non seguito da alcun tuono). Le scorregge, quelle rumorose (di cui l'autore citato fornisce una minuziosa classificazione) e tanto amate da Christian De Sica nella serie cinematografica dei cinepanettoni, sono ben poca cosa rispetto alle funeste sofisticherie della loffia che ammorba l'aria: gli effetti sonori tanto emblematici della cultura goliardica e carnascialesca, pur essendo pertinenti con l'arte sublime del petare decantata dall'Autore non consentono in alcun modo di accedere alla proditoria abilità  del subdolo artigliere cultore della “loffia”.

Dunque, sempre secondo i principi esposti ne L'arte di petareJoseph Pujol (1847-1945), il famoso "Petomane" (e impersonato egregiamente da Ugo Tognazzi, in uno dei suoi ultimi film) era un vero artista del peto "petardo"  (quello rumoroso e senza odori) o anche di quello – anomalo – silenzioso, ma senza odori (derivante quest’ultimo dalla sua capacità di introdurre nell’intestino grandi quantità d’aria con l’esercizio di un’innata attitudine, che fu peraltro oggetto di studi da parte di alcuni fisiologi del tempo), in quanto esercitava la sua arte rimanendo nel range della percezione uditiva (articolare frasi, parole, arie musicali) e della “performance” (spegnere una candela alla distanza di un metro, per esempio), senza mai porsi nei panni del "subdolo artigliere" (cioè di “ammorbatore” dell’aria comune). 

Sembrerebbe suggerire, infine, l'autore del piccolo saggio che il "subdolo artigliere" abbia una sovrastima narcisistica della sua attività  e che goda sottilmente nell'osservare gli effetti che la sua sulfurea attività  provoca agli altri. Volendo guardare la cosa sotto questo profilo, dunque, il subdolo artigliere non è un solitario e deve necessariamente poter contare su di un suo pubblico, anche se non potrà  mai uscire dall’anonimato.

Il fatto di dover rimanere celato nell’ombra, il più delle volte accresce il sottile piacere dell’esercizio della sue funeste ventosità .

Le loffie, per questo motivo, hanno una forte rilevanza sociale, perché determinano effetti anche cospicui all'interno della comunità  in cui sono disseminate. In questo senso, il subdolo artigliere potrebbe anche essere un’emblematica figura dei consessi umani: è colui che inquina e ammorba rimanendo celato e che non si cela per vergogna ma perché gode del suo molesto anonimato.

Molti, pur avendo la tempra del subdolo artigliere, non hanno la stoffa psicologica per poterlo essere sino a in fondo e, scivolando su di un eccesso di mal riposta sincerità  e lealtà , si espongono ingenuamente al pubblico ludibrio.

Al tal riguardo voglio raccontarvi un episodio dei tempi della scuola.

 

Al Liceo avevo un compagno che qui voglio chiamare De Fartis (lasciando il suo vero nome nell’anonimato). De Fartis era uno di quei personaggi che finiscono con il diventare presto una macchietta: era un tipo allampanato, con gli occhiali dalle lenti spesse, cerchiate in una goffa montatura, ma si presentava anche con un aspetto perennemente polveroso e con abiti che, pur puliti e decorosi, parevano sempre irrimediabilmente stantii. De Fartis stava seduto nella fila centrale di banchi, quasi in fondo all'aula, perché era piuttosto alto. Alla sua sinistra si trovava due grandi finestre che davano luce all’aula. Avrebbe potuto essere un ottimo subdolo artigliere: per costituzione o per preferenze alimentari della sua famiglia, aveva sempre una sovrabbondante produzione di gas intestinali ricchi di amine odorose. Pur possedendo le risorse per poter essere un subdolo artigliere, per un eccesso di cortesia e di educazione (forse oggi si direbbe di political correctness) si tradiva regolarmente. Di tanto in tanto, perfino nelle più fredde giornate d’inverno, lo si vedeva improvvisamente schizzare in piedi nel bel mezzo della lezione per dirigersi con fare deciso e repentino verso il finestrone più vicino che, senza proferire verbo, spalancava immantinente. Alla sua azione facevano seguito le irate proteste di tutti noi che, in coro, gli gridavamo: Ma cosa fai De Fartis? Sei impazzito? Non vedi che così moriamo tutti di freddo!. De Fartis, schiacciato dal peso delle vibrate proteste, ubbidiente, richiudeva la finestra, riprendendo posto al suo banco: sempre senza proferire parola. A finestra chiusa, nemmeno era passato un istante, che l’intera aula era sommersa da un odore pestilenziale. Il coro era di nuovo unanime: De Fartis, cosa hai combinato! De Fartis, schifoso! Sempre lo stesso sei!

Anche in questa seconda fase del suo ineluttabile destino, De Fartis se ne rimaneva silente.

Lo stesso copione si ripeteva puntualmente, con minime variazioni da un giorno all’altro, tanto che ad un certo punto il povero De Fartis divenne il capro espiatorio delle proditorie attività  dei subdoli artiglieri, quelli veri che - come in ogni consesso umano -  nella nostra classe non mancavano e che agivano celati nell’ombra. Malgrado ciò, De Fartis si mantenne sempre fedele alla sua linea di condotta, e, ogni volta che si rendeva conto d’essere stato il responsabile di un qualsivoglia inquinamento olfattivo, agiva in modo conforme al principio della sincerità (si potrebbe dire con espressione moderna che faceva “coming out” della sua condizione di peteggiatore silente). Non volendo o non essendo capace di farsi subdolo, De Fartis finì¬ con l’assumere l’identità  del candido ed ingenuo artigliere, pronto a dichiararsi disseminatore di loffie e, dunque, esponendosi in nome dell'onestà  alla pubblica esecrazione. Fu così che, al minimo sentore di una puzza, tutti si trovassero a gridare contro il povero De Fartis che, da allora, si portò cucita addosso la nomea di irriducibile puzzone.

Dobbiamo dunque accettare che anche tra noi, alla partenza di una maratona si nascondano i subdoli artiglieri che, nell’assembramento, colpiscono con determinazione e con intimo godimento.

Come fare per prevenire le moleste azioni dei subdoli artiglieri? Temo che non ci sia alcuna soluzione possibile.

Potremmo soltanto chiedere ai subdoli artiglieri che si troveranno a leggere questo scritto, in nome della passione che ci accomuna, di essere cortesi, limitando il più possibile la disseminazione delle proprie loffie oppure, se l’impulso a liberarsene fosse talmente irrefrenabile - di cercare di variare opportunamente la loro dieta-base all’approssimarsi d’una maratona riducendo drasticamente legumi, broccoli, cavoli e cavoletti di Bruxelles, krauti, scalogno, cipolle e cipollotti e tutti i cibi feculenti e flatulenti.

Forse, soltanto così potremo respirare un’aria più salubre, in attesa dello start e non dovremo più sentirci ammorbati.

Ma, in fondo, cosa importa?

Ribaltando la questione, potremmo invece ringraziare i subdoli artiglieri perché con le loro flatulenze, ci riportano indietro ai nostalgici tempi della scuola.

 

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18 aprile 2015 6 18 /04 /aprile /2015 05:21
(Cofano Trail 2015 - foto di Adriana Ponari)

(Cofano Trail 2015 - foto di Adriana Ponari)

(Maurizio Crispi) Ancora non si sono smorzate del tutto le polemiche che hanno fatto seguito all'Ecotrail di Monte Pellegrino, terza prova del circuito Ecotrail Sicilia 2015, ed ecco che arriva una lettera aperta firmata da quattro società podistiche siciliane, in cui vengono riproposti alcuni punti in discussione a partire da quella circostanza (prendendo spunto dai malumori insorti in alcuni per un'applicazione ritenuta parziale ed eccessiva di alcune norme del regolamento di gara), apparentemente in modo costruttivo, ma sottilmente tendenti a rinfocolare ulteriormente le polemiche e creare le premesse per una ulteriore critiche alla Società podistica, principale organizzatrice e coordinatrice del Circuito del Trail Siciliano.

Già lo strumento della "lettera aperta" è, ad avviso di molti, improprio, poichè si tratta di una comunicazione "pubblica" che utilizza il mezzo stampa, dando per scontato che l'interlocutore cui è diretta (sia esso singolo o gruppo) sia inaccessibile e trincerato dietro posizioni non aperte alla dialettico, e quando si profili un forte conflitto tra cittadini e le istituzione (vorrei ricordare uno dei più alti esempi di "lettera apertas" che fu il "J'accuse" di Emile Zola per prednere posizioni contro l'atteggiamento governativo nel caso Dreyfus). Quindi, la "lettera aperta" (o almeno la comunicazione definita tale) è in sé uno strumento fortemente polemico che intende fare molto rumore.

Ma qui, a prescindere dal contenuto della lettera aperta che parla da sè, sia nei suoi contenuti espliciti sia in ciò che si nasconde tra le righe, non siamo in presenza di un conflitto irriducibile o di una mancanza di volontà dialettica tra le parti coinvolte, anzi al contrario.

Proprio alla vigilia della quarta prova del Circuito Ecotrail Sicilia è stato indetto da Aldo Siragusa e dall'ASD Sportaction che egli rappresenta un forum di discussione, a Palazzo Adriano (Palermo) a cui sono stati invitati tutti i presidenti di società interessanti, per un proficuo scambio di idee e per una discussione costruttiva, ai fini di un miglioramento di alcuni punti ritenuti critici e per un appianamento delle divergente. Il Forum, in sé, è uno strumento fortemente democratico in cui ciascuno può dire la sua e votare tutti i punti messi all'ordine del giorno.
La lettera aperta, in queste circostanze, appare invece uno strumento non democratico e manipolativo che, prima ancora della discussione effettiva e del confronto di idee proficuo tra le parti, intende cristallizzare l'antagonismo e creare un rapporto e di pressione, facendosi forza dell'adesione sottoscritta che il documento (scritto probabilmente da un'unica persona) ha ricevuto da diversi presidenti di Società. 

Tanto rumore per nulla, quindi: le stesse cose, molto pacificamente, avrebbero potuto essere portate alla discussione del Forum nel pieno "spirito trail", uno spirito trail saldo nei suoi contenuti, anziché semplicemente "enunciato", come molti sembrano fare: una mossa strategica, più documento propositivo, le cui interpellanze costruttive, senza tanti clamori, avrebbero potute essere portate direttamente al Forum del 18 aprile, a Palazzo Adriano.

Ma quello della polemica, della lotta larvata, dell'antagonismo tra diversi attori, dell'esser parte di una congrega piuttosto che di un'altra sono mali tipicamente siciliani, che affliggono anche coloro che sono, apparentemente, per cultura e preparazione, al di sopra di beghe scaturewnti dalle declinazioni della sicilianità più deteriore.

Alla lettera aperta che riportiamo qui di seguito, includiamo la risposta di Aldo Siragusa.

 

“ Con il presente documento i sotto elencati presidenti delle società che partecipano al circuito ecotrailsicilia intendono proporre, sentite le indicazioni ricevute dai loro iscritti, alcune riflessioni, con l’esclusivo intento di contribuire in maniera fattiva alla rimodulazione e alla implementazione dei criteri organizzativi che sino ad ora hanno governato il suindicato circuito. Resta inteso che si condivide sin d’ora il carattere consultivo della riunione indetta dalla ASD Sport Action e che nessun obbligo viene fatto alla stessa Sport Action sull’eventuale presa in considerazione né applicazione delle proposte.
Ringraziando prioritariamente Aldo Siracusa, a cui non può non essere riconosciuto il ruolo di grande impulso allo sviluppo dell’attività agonistica legata al trail running, non può non considerarsi in questa sede l’origine e la diffusione di tale disciplina che non è certamente ascrivibile esclusivamente ad lui.
Altri eventi e altri attori nel corso di questi anni hanno promosso ognuno con il suo ruolo, la corsa in natura e l’origine e la rievocazione della memoria di questi eventi specie di quelli agonistici deve servire come base di lavoro per lo sviluppo delle prove del circuito Ecotrail Sicilia.
Il trail running è fortemente legato alla promozione e alla valorizzazione delle aree boschive, paesaggistiche e naturali e porta in sé anche la mission di valorizzare la cultura del posto, le tradizioni, le produzioni tipiche. Punto fermo rimane altresì il carattere di forte convivialità delle manifestazioni e di ciò ne sono esempio tutti gli eventi internazionali che mettono al primo posto nel management organizzativo l’accoglienza degli atleti anche nei giorni precedenti alla manifestazione (campi, tende, posti letto in oratori). Nessuna prova o forse un paio nel 2014 di prove del circuito ecotrailsicilia ha previsto un “terzo tempo”, il momento conviviale in cui spesso a base di semplici piatti si assicura ai concorrenti e con un ticket minimo agli accompagnatori di poter sostare in area gara consumando un pasto di varia natura. E’ stato più volte chiesto di prevedere questo momento senza ulteriore aggravio dei costi che sommati al viaggio in auto e al soggiorno pre gara raggiungono nel w end cifre considerevoli.
In merito alla fornitura di un gadget o pacco gara di welcoming tutte le organizzazioni di manifestazioni di tale ambito sono orientate nel fornirlo addirittura dando forte risalto alla consegna di esso e del pettorale anche nel giorno precedente la gara con forti ricadute anche per il territorio per ciò che concerne l’ospitalità alberghiera.
Vanno fatti sforzi maggior nella ricerca degli sponsor che più che sull’erogazione di un contributo possono aiutare l’organizzazione verso la fornitura di un ricordo da destinare a tutti indistintamente a prescindere dalla successiva posizione di classifica. Si suggerisce quindi di incrementare gli sforzi per la realizzazione del cosiddetto “pacco-gara” che ad avviso degli scriventi è da considerarsi tra i parametri di valutazione e tra i criteri di soddisfazione espressi dall'atleta.
Resta inteso che altri servizi base non possono essere prescindibili, ci si riferisce all’assistenza medica, alla presenza di volontari e/o operatori lungo i punti o gli snodi più critici della gara, alla dotazione minima per i ristori che devono prevedere cibi solidi e liquidi e non limitarsi alla semplice acqua e banane.
Sui controlli della sicurezza personale, si suggerisce - prima durante e dopo - in zona arrivi, la presenza di due giudici che indirizzino gli atleti che giungono al traguardo in un imbuto, così da poter registrare con tutta calma i numeri di pettorale e controllare il materiale obbligatorio. Tutti gli atleti trovati non conformi alle regole della manifestazione, contribuiranno ad una penalizzazione della società, che sarà valutata in base alla gravità dell’infrazione.
Cosi facendo i presidenti di società sensibilizzeranno maggiormente i propri atleti.
Siamo convinti che bisognerà adoperare anche la prova fotografica, qualora quest’ultima risulti inconfutabile.
Diversificare le regole per ogni gara, es: Gare con il Materiale obbligatorio e gare con materiale consigliato.
Opportuna la nomina di una commissione che si occupi delle questioni di tipo che di volta in volta decide su queste problematiche, ovviamente a stretto giro di messaggi. Si propone che solamente il portavoce di ogni singola società, si faccia carico di discutere sulle questioni sopraelencate, per evitare inutili polemiche che sfociano in discussioni sterili e senza fine.
Ci si rende conto che assicurare servizi è da considerarsi un costo per l’organizzazione e quindi ciò ne avrebbe ricadute la quota di partecipazione ecco perché ci si auspica la forte riduzione del numero di prove al fine di concentrare le carenti risorse finanziare in pochi eventi con un management organizzativo più dettagliato e con un richiamo anche extra-regionale. Poche prove in cui concentrarsi anche con una quota di iscrizione maggiore.
Non si può pensare ad un calendario agonistico che duri un anno perché in contrasto già con la nomenclatura sportiva tradizionale che parla di stagione, proponiamo di pensare più che a un circuito ad un campionato sotto l’egida di un ente e/o federazione in cui ogni singola società possa proporre anche con un turnover negli anni delle prove in modo da permettere a chi non ha potuto in una stagione di organizzare nell’altra o di promuovere nuovi territori accantonando prove che negli anni si ripetono.
Chiaro che sia necessario un coordinatore tecnico o una commissione tecnica che ad inizio anno valuta le proposte di prove e le inserisce in un calendario assegnando degli standard organizzativi da rispettare.
Necessario introdurre poi il sistema di rilevazione elettronica e considerare il pettorale come accessorio utile solo per il riconoscimento e la spunta dell’atleta in punti di controllo a beneficio anche della sicurezza.
In merito alla premiazione delle tappe pur condividendo l’emblematica e simbolica offerta di prodotti tipici ci si auspica la maggiore corposità di essi in quanto premio e se possibile l’associare il tradizionale trofeo anche in materiali di stretta derivazione artigianale.
La premiazione finale fermo restando il giusto riconoscimento ai primi classificati assoluti e di categoria, crediamo sia importante assegnare a tutti a prescindere dalla posizione un capo finisher magari fornito da uno sponsor tecnico del circuito da indossare orgogliosamente anche in occasioni di altre manifestazioni con forte ricaduta anche sul piano dell’immagine e della promozione del circuito (ad esempio, un gilet).
Ringraziando per aver chiesto di essere ascoltati porgiamo distinti saluti.”
I presidenti di:
ASD Etna Trail
Asd Panormus
ASD Misilmeri marathon
Asd Marathon Monreale

Lettera aperta a firma di 4 società palermitane

(Maurizio Crispi) Non entro nel merito dei contenuti della "lettera aperta", poichè dietro le proposte costruttive si cela, a mio avviso, uno stravolgimento del Circuito Ecotrail che è - si ricorda - circuito organizzato da una società che è la Sportaction che utilizza i propri mezzi e le propie risorse, unitamente con la strategia di tenere le quote d'iscrizione il più basse possibili.

Altra cosa sarebbe se diversi "attori" (società o enti) si mettessero d'accordo per organizzare un circuito costituito dalle gare da loro organizzate, come ad esempio è stato il caso del Circuito Trail dei Monti Occitani, nato nel 2014, mettendo assieme una serie di eventi ultratrail tradizionali del Piemonte (ed anche francesi), già da tempo esistenti e creandone di nuovi ad hoc.

Se ad alcuni non garba non far parte del circuito con la loro manifestazione, potrebbero anche fare da soli ovviamente, fare andare la manifestazione con le proprie gambe e poi proporsi su di una posizione di parità chiedendo di dar vita un circuito tra attori che abbiano pari forza organizzativa.

Il punto è che i podisti siciliani  (e con loro gli organizzatori di eventi) si sono abituati da anni - ormai decenni - di dittatura di circuiti - come il Grand Prix Siciliano di Corse su strada - che funzionano sulla base di una una vera e propria "dittatura", per cui tutti i neo-organizzatori sbavano per poter entrare a far parte del circuito e potere avere un posto al sole. Con il Trail siciliano (e parlo specificatamente dello sviluppo dell'Ecotrail Sicilia) non è stato così: è stata un'avventura "democratica" con l'opportunità a territori mai toccati da eventi podistici di farsi avanti e ad organizzatori in erba di farsi le ossa.

Ma nessuno ha mai detto a nessuno: "Per avere tanti iscritti garantiti, devi essere nel circuito".

Tutto all'insegna della piena libertà e, proprio per questo, le adesioni non sono mancate e le opportunità si sono dischiuse e hanno dato frutto.

E ora?

Forse, gli scontenti potrebbero anche pensare di andare avanti con le proprie gambe, oppure semplicemente non partecipare alle gare. O anche gli scontenti potrebbero dar vita ad una propria manifestazione di trail, etc, etc.

Non c'è nessun contratto matrimoniale inscindibile, come è quello religioso. 

Si può anche divorziare, ma in fondo perchè farlo se non conviene nessuno e soltanto seguendo uno spirito polemico?

A meno che non si tratti di un puro problema di rapporti di forza e di tentativo di alterare gli equilibri perchè c'è qualcun altro che vuole mettersi al comando del carro. E anche questo - se le cose stessero così -, mi si permetta di dirlo, sarebbe un rigurgito tipicamente siciliano.
 

Di seguito la replica di Aldo Siragusa.

Gentile direttore,
mi permetta di manifestare la mia posizione rispetto a questa lettera aperta che leggo sul suo giornale.
Non entro nel merito delle questioni esposte perché verranno trattate in occasione dell’incontro di domani a Palazzo Adriano, ma vorrei dire che tra le proposte valide e degne di attenzione ce ne sono alcune basate su presupposti sbagliati, generati dalla scarsa conoscenza degli obiettivi del Circuito Ecotrail Sicilia e del suo regolamento.
Altre sembrano invece dettate quanto meno dall'incapacità di comprendere quali siano le difficoltà di organizzare una macchina complessa come il Circuito.
Non posso, inoltre, non rilevare come la stesura della lettera faccia abbondante ricorso ad allusioni e affermazioni espresse soltanto a metà che alimentano ulteriori dubbi e polemiche, spostando i toni in senso diametralmente opposto all'obiettivo che ci eravamo prefissati con l’organizzazione dell’incontro di domani.
Non condivido affatto, dunque, l’averla voluta rendere pubblica da parte dei firmatari.
Per fortuna, con l’incontro di domani ci sarà finalmente (!) spazio per il dialogo e il confronto, guardandosi negli occhi e mettendo da parte definitivamente, mi auguro, aride polemiche che non possono appartenere allo spirito trail.

Cordialmente

Aldo Siragusa Responsabile Generale Circuito Ecotrail Sicilia

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1 aprile 2015 3 01 /04 /aprile /2015 21:12
Andreas Lubitz, autore della strage dell'aereo GermanWings.
Andreas Lubitz, autore della strage dell'aereo GermanWings.
Andreas Lubitz, autore della strage dell'aereo GermanWings.

Andreas Lubitz, autore della strage dell'aereo GermanWings.

Massimiliano Boni, autore del volume Solo per un giorno (66th and 2nd, 2015) ha inviato una lettera a Repubblica nella quale lamenta il ripetuto utilizzo da parte dei Media di foto che ritraggono Andreas Lubitz, autore della strage del GermanWings, nei panni di Runner.

Un’immagine - quella divulgata bei media - che, secondo Massimiliano Boni, tradisce lo spirito che dovrebbe animare chi corre.

Leggi la breve lettera in allegato, dal titolo "Il Maratoneta ama l'esistenza".

 

 

 

 

La copertina del volume di Massimiliano Boni, Solo per un giorno

La copertina del volume di Massimiliano Boni, Solo per un giorno

(dal risguardo di copertina di "Solo per un giorno") Massimiliano Boni non è un eroe, se non per un giorno in un anno. Questa è la storia degli altri trecentosessantaquattro. In quel tempo fa due cose: corre e scrive. Poi, certo: lavora, legge, si occupa della famiglia, ricorda, rimpiange, sogna. Ma queste altre cose accadono di lato: al centro, corre e scrive. Si prepara alla maratona e tiene un diario. Non è spavaldo, in nessuna delle due sfide. Sa di non essere più un principiante, ma non ancora un campione. Abbassa la testa, cerca di imparare dai grandi e da chi gli viaggia a fianco. Lo accompagnano, tra gli altri, un amico straniero, la nonna "Baccajella", Murakami Haruki, Cormac McCarthy, la memoria di uno sciatore chiamato Roberto Grigis e la fantasia di un nuovo figlio in arrivo.

È uno di noi, uno di voi, una delle migliaia di figure smilze e colorate che vediamo ansimare mentre le superiamo motorizzati, domandandoci: "Chi glielo fa fare?".

Porta questo interrogativo a un livello più profondo. Scava dentro le proprie tracce per trovare il solco di un impegno che comprende molto più dell'allenamento per una gara. Ne fa una questione di fede: nelle proprie possibilità, nella legge umana e, infine, in quella divina. Il suo linguaggio si scioglie avanzando verso il traguardo dove la vita è in agguato, come sempre comica e tragica, pronta a dare in modo inatteso e a togliere quel che ci si aspettava. In entrambe le sue sfide Boni è un outsider, ma arriva in fondo. La fatica avvera i desideri.

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31 marzo 2015 2 31 /03 /marzo /2015 21:05

(Maurizio Crispi) Tutti gli appassionati di ultramaratona, ansiosi di vedere lo svolgimento del Campionato del Mondo IAU 24 ore su strada 2015, in programma a Torino tra l'11 e il 12 aprile 2015, sono in trepidazione: la loro attesa resa ancora più febbrile dal fatto che il Campionato del Mondo 2014 non si è fatto, dopo un'estenuante e grottesco balletto di cambi di location dell'ultima ora, sino al definitivo annullamento, si trovano a dover fronteggiare lo spettro di un'analoga situazione, proprio quando si pensava che tutto stesse andando in porto.
Dalla conclusione dell'edizione di "Recordando", nel Parco Ruffini di Torino, cui è stata abbinata la 2^ edizione della 6 ore di Torino, come prova generale del circuito di gara, didimato dai misuratori FIDAL, su cui avrebbe dovuto svolgersi il Campionato del Mondo IAU, c'è stato il silenzio stampa: da parte di Vincenzo Caporaso, alla guida di "Il Giro d'Italia Run", società torinese che si è assunta il compito di organizzare a Torino del Mondo, e del suo staff non sono più giunti comunicati stampa: una vera stranezza, in controtendenza con la sovrabbondanza di comunicazioni in fase di avvicinamento agli eventi sportivi organizzati dalla compagine.

Ed ora arriva la notizia "bomba" che, non senza la costernazione di quanti la sentano, Enzo Caporaso è stato arrestato perché condannato in via definitiva per reati fiscali compiuti nel corso della sa precedente attività lavorativa (come parte dirigente d'una società di un< società di consulenze informatiche).

Questo è ciò che si sa, attraverso articoli comparsi sulla stampa locale (cronaca), come quello di cui è riportato sotto il link (Repubblica.it, cronacadi Torino), con qualche imprecisione in merito alla parte "sportiva" della situazione.
Dunque Caporaso non è più, al momento, disponibile.

C'è da chiedersi se qualcuno sarà in condizione - o vorrà - prendere su di sé l'onere di portare a compimento l'impegno assunto - del resto non da Caporaso in prima persona, ma dalla Società sportiva da lui diretta.

Ma, benché nel social si siano sentite le voci inneggianti di alcuni appassionati che hanno detto che il campionato del Mondo "si farà" (ma come? Organizzato e portato avanti da chi?), non c'è al momento alcuna comunicazione ufficiale: ci si attenderebbe, infatti, a fronte della latitanza comunicativa attuale, un rilascio stampa ufficiale da parte del ASD "Il Giro d'Italia Run", proprio nell'imminenza della partenza delle diverse delegazioni nazionali alla volta di Torino (42 delegazioni nazionali, per un totale di 330 atleti).
C'è a dire il vero un'apertura positiva, grazie a CUS Torino che si sta assumendo l'onere di portare avanti l'evento, assieme a FIDALPiemonte e IUTA (Italian Association Ultramarathon and Trail),come si apprende un'aggiornamento IAU del 28 marzo, a firma di Hilary Walker, nella sua qualità di Segretario generale della IAU.
C'è da sperare bene, dunque!
Ma ci si pone un ultimo interrogativo. Se è verò che il Campionato del Mondo 24 ore di Torino, grazie all'intervento in extremeis di questi nuovi attoriistituzionali - come veri e propri "dei ex machina" si farà - cercando di fare al meglio possibile (frase che suggerisce l'idea di un'"accettabile approssimazione", non certamente consona ad un Campionato del Mondo la cui qualità tecnica dovrebbe essere ineccepibile), non si comprende perchè, resosi Caporaso indisponibile a causa della precedente "pendenza", non debba essere lo stesso club "Il Giro d'Italia Run", con a capo una guida vicaria, a procedere nella titolarità dell'organizzazione, visto che la società di Caporaso - non si esclusivamente Caporaso, si vorrebbe pensare - avea sviluppato nel corso degli anni con la ripetuta organizzazione della "24 ore di Torino" e di una 100 km su strada ("la 100 km Torino-Saint Vincent") un'appropriata conoscenza e padronanza del know-how di una gara di questo tipo.
Auguriamoci, quindi, che visto che il Capionato del Mondo "si farà", questo improvviso passaggio di mano non debba causare perdita di pezzi della "tecnologia" di una tipologia di una manifestazione atletica che presenta delle sue peculiarità tecniche ed organizzative nella cui gestione non si può certamente improvvisare.

IAU 24H World and European Championships, Turin, 11/12th April 2015. Update 28th March.

Here is latest situation regarding the organization of the IAU 24H World and European Championships in Turin. Further information will be rolled out during the next days so ensure that the Federations/team managers keep an eye on the website for further news. FIDAL and the Italian Club CUS Torino together with the IAU will be doing our best to guarantee the best possible event. More below.
The Italian Club CUS Torino, with the supervision of FIDAL and the support of FIDAL Piemonte Region Committee, is taking charge of all organisational aspects.
Cus Torino is an historical Italian club highly renowned for its skills in events management and organization with a very expert and skilled staff.
They key person is Silvia Bini, the new Event Coordinator.
FIDAL International Department will be the main link between the participating teams and the LOC. So, for any inquiry, please address them to Eleonora Verardi and Antonella Tibaldi and copy in Roberta Russo and myself. All email addresses below.
eleonora.verardi@fidal.it
antonella.tibaldi@fidal.it
roberta.russo@fidal.it

Hillary Walker - IAU (International Association of Ultrarunners)

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31 marzo 2015 2 31 /03 /marzo /2015 19:28

La proposta del consigliere comunale di Palermo Angelo Figuccia (Forza Italia) di costruire una funivia che colleghi la città con Monte Pellegrino (vedi la notizia riportata sotto), lascia il tempo che trova, non rispondendo assolutamente alle esigenze di sviluppo odierno della Riserva Naturale Orientata e di iniziative che valorizzino il patrimonio complesso che è Monte Pellegrino soprattutto come bene di cui la cittadinanza tutta e, in particolare,le più giovani generazione devono potere usufruire.

D'altra parte, questo della funivia è un progetto antico, nato assieme al Castello Utveggio, sin dalla sua progettazione. Infatti,nel progetto originario una funivia avrebbe dovuto costituire il mezzo principe per consentire agli ospiti di quello che, nelle intenzioni dell'architetto che lo ideò avrebbe dovuto diventare un albergo di lusso di poterlo raggiungere comodamente dal piazzale sottostante per mezzo appunto di un impianto di risalita: una piccola funivia..
Collegata all'albergo, agli albori del Novecento, questa funivia aveva un senso.
Ma - com'è noto - l'albergo non partì mai veramente e quel progetto grandioso abortì.
Oggi, non avrebbe alcun senso: bisognerebbe piuttosto potenziare il percorso che,a piedi, porta i visitatori al Santuario di Santa Rosalia, migliorare lo stato della strada vecchia che in alcuni punti è franata e in altri presenta il basolato fortemente danneggiato, costruire delle piazzole di sosta attrezzate con pannelli esplicativi didascalici, e riconnettere culturalmente il tutto alla tradizione del Grand Tour che portava i viaggiatori europei sino alla Sicilia, dove - sulla scorta dei diari di viaggio di Goethe - il pellegrinaggio a Monte Pellegrino era d'obbligo, un'ascesa "letteraria", se vogliamo, ma sempre fonte di meraviglia: se si legge la descrizione di Goethe della sua ascesa a Monte Pellegrino (ma aanche quella di altri bviaggiatori ottocenteschi) si rimane stupefatti, nel constatare quanto poco le cose siano cambiate da allora: é come se Monte Pellegrino si presentasse al suo visitatore come una "capsula del tempo"...
Se vogliamo stravolgere tutto questo, facciamo pure; se vogliamo trasformare la montagna che sovrasta palermo in una metà di comitive di turisti vocianti e di consumatori di natura dell'ultim'ora e senza né arte né parte, seguiamo la via indicata da Figuccia: ma io propenderei per progetti intelligenti e fatti a misura delle persone che vivono nella città, non tanto per i "turisti".
Facciamo- ad esempio - un progetto integrato che tuteli Monte Pellegrino e i luoghi d'interessi ehe possiede: e non solo naturalistici.
Restauriamo i vecchi fabbricati abbandonati qua e là, in stato di degrado: facciamoli diventare dei luoghi di sosta e delle piccole stazioni di ristoro per comitive di escursionisti o per camminatori solitari.
Portiamo a Monte Pellegrino le scolaresche per delle visite guidate e per insegnare loro i principi base dell'escursionismo in montagna in sicurezza.
Questo va fatto ed é doveroso farlo: impariamo a fare crescere nei cittadini di domani il senso del bello, assieme al gusto per una sana attività sportiva.
L'idea del consigliere Figuccia va in direzione diametralmente opposta a ciò che serve veramente a questa città: dei turisti non ci interessa molto e, per quello che so io s,ono tantissimi i tedeschi che vengono a Palermo, animati dalla voglia di camminare proprio sulle orme di Goethe, perchè a loro - nelle scuole - la cultura viene ancora insegnata, mentre le nostre giovani generazioni si muovuono sempre di più nelle tenebre dell'ignoranza e soprattutto prive di qualsiasi memoria storica.e senza l'ABC base per un approccio corretto alla natura e alla decodificazione della sua bellezza.

Nelle reti Social, la proposta del Consigliere Figucciaha provocato non poche reazioni negativi da parte di cittadini di Palermo che amano veramente Monte Pellegrino e che vorrebbero lasciato intatto il suo patrimonio naturalistico.

(Ecco il testo del breve articolo su PalermoToday) Turismo, la proposta di Figuccia: "Una funivia per Monte Pellegrino"
Una funivia panoramica che colleghi Monte Pellegrino alla città. A lanciare "l'avveniristica" proposta è il consigliere comunale di Forza Italia Angelo Figuccia. “Palermo ha certamente le potenzialità per essere, oltre che una città d’arte - sostiene Figuccia - anche un luogo con fortissima vocazione turistica nello scenario sia nazionale che internazionale. Uno dei luoghi che, dal punto di vista naturalistico, spicca è Monte Pellegrino, ma ad oggi le sue condizioni non lo rendono un luogo allettante per i turisti, viste le molteplici difficoltà per raggiungerlo. I collegamenti che l’AMAT offre non sono di certo consoni alla qualità che un turista ricerca, i taxi hanno tariffe troppo esose e con mezzi privati il transito delle auto è veramente pericoloso per lo stato delle strade mai manutenzionate, per non parlare poi dei pressocché inesistenti parcheggi in cima al monte”.
E allora ecco l'idea. “Il turismo internazionale ha avuto modo di conoscere luoghi del nostro paese come l’isola di Capri e la relativa Anacapri, o la più vicina Trapani con la sovrastante e meravigliosa Erice. Questi sono soltanto due esempi che danno spunto all’idea che sarebbe certamente utile, se non necessaria, la costruzione di un collegamento con una funivia panoramica che colleghi la città al Monte Pellegrino. Vero è – continua Figuccia (nella foto a destra) – che le economie cittadine non sono floride al punto da poter prevedere investimenti di questa portata, tanto quanto però è vero che, come fece l’ex sindaco Diego Cammarata con una intuizione non da poco, attraverso sistemi di project financing, facendo costruire una infrastruttura, come il parcheggio sotterraneo di piazza Vittorio Emanuele Orlando, che dà ossigeno alla mobilità urbana. Questo sistema, con l’affidamento a privati sia della costruzione che della gestione della funivia metterebbe nelle condizioni, la nostra città, di avere una spinta verso l’alto rispetto ad una mercato turistico internazionale da aggredire".
"Il nostro caro Sindaco Orlando - conclude Figuccia - forse guardandosi indietro potrebbe fare tesoro delle esperienze di chi lo ha preceduto, piuttosto che parlare di avveniristici progetti irrealizzabili, o continuare ad ostinarsi nell’organizzazione di variopinte manifestazioni pseudo-culturali”.

PalermoToday

(Aldo Siragusa) Monte Pellegrino non sarà allettante per chi non ha la cultura del camminare, per chi ha uno stile di vita legato agli agi e alle comodità. E non lo è per chi probabilmente vuole fare business anche a costo di deturpare un ambiente unico come quello del nostro Monte Pellegrino.
Caro consigliere Figuccia, il business si può fare anche investendo sull'educazione a uno stile di vita sano, al rispetto dell'ambiente, alla conoscenza dei nostri tesori culturali e ambientali.
La invito al prossimo Ecotrail di Monte Pellegrino [quello del 2015 si è svolto pochi giorni addietro, il 22 marzo -nr].
Magari conoscendo veramente la Riserva Naturale di Monte Pellegrino, cambierà idea su quali sono le vie possibili per valorizzarla e per fare economia in maniera responsabile ed ecocompatibile.

PS - Se ne ha voglia, mi contatti per fare una camminata insieme a Monte Pellegrino.

Aldo Siragusa (Ecotrail Sicilia - Gruppo Facebook)

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29 marzo 2015 7 29 /03 /marzo /2015 08:18
Palermo, città di pianura?
Palermo, città di pianura?
Palermo, città di pianura?
Palermo, città di pianura?
Palermo, città di pianura?

Palermo, città di pianura?

Palermo è una città di pianura? Questa è la domanda che un amico runner di Pistoia ha posto al nostro amico Gerlando Lo Cicero, preoccupato di doversi imbattere nell'affrontare l'esperienza della Maratona di Palermo in sfibranti salite.
E' curioso che questa domanda sia posta da un runner di Pistoia che è città circondata dai monti e dove ogni anno si celebra un'impegnativa Ultra in salita sulla distanza di 50 km che porta i runner dai circa 70 metri di livello sul mare di Pistoia sino al Passo dell'Abetone appena superati i 1400 metri di dislivello
.

Palermo è, come Pistoia, città circondata dalle montagne e costruita su di un territorio pianeggiante che, tuttavia, non è privo di continui saliscendi e falsopiani.

Per i ciclisti in alcuni passaggi può risultare lievemente impegnativa, soprattutto se si vive ai piedi dei primi contrafforti delle montagne e, al ritorno dal lavoro, bisogna affrontare lunghissimi falsopiani in salita, come è - ad esempio - Corso Calatafimi che da Porta Nuova sale verso Monreale
.

E per i runner non mancano percorsi di allenamento che sono ottime palestre di corsa in salita.
Ma ecco ciò che scrive Gerlando Lo Cicero

Un amico pistoiese mi chiede se il nuovo percorso della maratona di Palermo di quest'anno sarà pianeggiante o no!
Nel rispondergli, son finito col raccontargli la storia del nome della Conca d'oro di Palermo!
Poi dicono che una maratona è solo sport! No, no! È anche storia di un territorio!
"Luigi, Palermo si estende su una piana, la famosa Conca d'oro! Così chiamata perché per secoli fu il tesoro economico di tutta Palermo e immediati paesi limitrofi, il nome deriva dal vastissimo territorio tutto coltivato ad agrumi (mandarini e limoni e qualche arancio) che fu un fondamentale motore di sviluppo della città, la cui economia allora era basata sull'agricoltura: "conca" perché le montagne che chiudono a nord-ovest e sud-ovest la città (Monte cuccio, Pizzo Moarda, Monte Grifone e Pizzo Cavallo) danno alla pianura la forma di una conca; "d'oro", perché gli estesi agrumeti davano tanto denaro con la loro coltivazione e vendita dei frutti e il sole che li baciava faceva prendere il colore perfetto ai frutti, tanto da farli sembrare piccoli gioielli.
Ma tutto è finito ormai da una trentina di anni a questa parte. La scellerata gestione del governo in materia di agricoltura al Sud ha costretto via via i proprietari dei terreni ad abbandonare le coltivazioni di agrumi trasformando quella che era la Conca dOro in un immenso desolato terreno abbandonato alle sterpaglie! Non conveniva piu economicamente coltivare e vendere mandarini: i palermitani lo capirono e con molta sofferenza decisero di non star più dietro ai propri agrumeti: le spese di un anno di coltivazione non venivano più ammortizzate con la raccolta e vendita sui mercati dei succosi frutti e addirittura neppure si rientrava più dalle spese!
Io stesso ho fatto tagliare 13 anni fa il mio terreno che per decine e decine di anni mio nonno coltivava, campandoci la sua famiglia, poi passato in eredità a mio padre che continuò a coltivarlo con amore, pur non essendo il suo mestiere quello dell'agricoltura.
Morto mio padre nel 1994, quel terreno lo coltivai io, finché ho potuto. Ma appena ho visto che realmente non ci prendevo più neppure le spese di un anno di lavoro (concimi, acqua irrigua il cui costo ad ora era salito alle stelle negli ultimi anni - e considera che nel mio terreno occorrevano 4 ore e mezza di acqua per ogni irrigazione e i mandarini in estate vogliamo acqua ogni 15-20 giorni e a Palermo per il caldo la stagione delle irrigazioni dura oltre 5 mesi -, il costo dei contadini per la potatura annuale visto che io tutto sapevo fare da me stesso eccetto il potare gli alberi). Così un bel giorno decisi di abbandonare anche io la coltivazione ma preferii far tagliare ed estirpare dalle radici tutti gli alberi invece di vederli morire anno dopo anno lentamente, in agonia (ai mandarini se non dai acqua in estate in breve tempo muoiono da sé, e sono anche alberi assai soggetti a malattie, per cui se non li segui con attenzione si ammalano e giungono alla morte).
Ora quel mio terreno è dato in affitto a un contadino che ci coltiva ortaggi! E tantissimi terreni a Palermo hanno fatto la stessa fine del mio!
Da agrumeti quali erano adesso sono o abbandonati del tutto oppure qualcuno trasformato in coltivazione di ortaggi e verdure, ed altri sono stati invasida colate di cemento che hanno dato vita ad orribili condomini torreggianti.
Dunque Palermo è in pianura su quella che fu la Conca d'Oro.
Ma, in realtà, non è del tutto pianeggiante! La città ha sempre dei falsopiani. Ma non sono così terribili.
Il percorso di Roma per esempio è molto piu nervoso quanto a falsopiani.
Insomma, vieni a correre la Maratona di Palermo!
Se verrai, ti racconterò altre storie!

Gerlando Lo Cicero

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Presentazione

  • : Ultramaratone, maratone e dintorni
  • : Una pagina web per parlare di podismo agonistico - di lunga durata e non - ma anche di pratica dello sport sostenibile e non competitivo
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  • Ultramaratone, maratone e dintorni
  • Mi chiamo Maurizio Crispi. Sono un runner con oltre 200 tra maratone e ultra: ancora praticante per leisure, non gareggio più. Da giornalista pubblicista, oltre ad alimentare questa pagina collaboro anche con altre testate non solo sportive.
  • Mi chiamo Maurizio Crispi. Sono un runner con oltre 200 tra maratone e ultra: ancora praticante per leisure, non gareggio più. Da giornalista pubblicista, oltre ad alimentare questa pagina collaboro anche con altre testate non solo sportive.



Etnatrail 2013 - si svolgerà il 4 agosto 2013


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Il perchè di questo titolo

DSC04695.jpegPerchè ho dato alla mia pagina questo titolo?

Volevo mettere assieme deio temi diversi eppure affini: prioritariamente le ultramaratone (l'interesse per le quali porta con sè ad un interesse altrettanto grande per imprese di endurance di altro tipo, riguardanti per esempio il nuoto o le camminate prolungate), in secondo luogo le maratone.

Ma poi ho pensato che non si poteva prescindere dal dare altri riferimenti come il podismo su altre distanze, il trail e l'ultratrail, ma anche a tutto ciò che fa da "alone" allo sport agonistico e che lo sostanzia: cioè, ho sentito l'esigenza di dare spazio a tutto ciò che fa parte di un approccio soft alle pratiche sportive di lunga durata, facendoci rientrare anche il camminare lento e la pratica della bici sostenibile. Secondo me, non c'è possibilità di uno sport agonistico che esprima grandi campioni, se non c'è a fare da contorno una pratica delle sue diverse forme diffusa e sostenibile. 

Nei "dintorni" della mia testata c'è dunque un po' di tutto questo: insomma, tutto il resto.

Archivi

Come nasce questa pagina?

DSC04709.jpeg_R.jpegL'idea motrice di questo nuovo web site è scaturita da una pagina Facebook che ho creato, con titolo simile ("Ultramaratone, maratone e dintorni"), avviata dall'ottobre 2010, con il proposito di dare spazio e visibilità  ad una serie di materiali sul podismo agonistico e non, ma anche su altri sport, che mi pervenivano dalle fonti più disparate e nello stesso tempo per avere un "contenitore" per i numerosi servizi fotografici che mi capitava di realizzare.

La pagina ha avuto un notevole successo, essendo di accesso libero per tutti: dalla data di creazione ad oggi, sono stati più di 64.000 i contatti e le visite.

L'unico limite di quella pagina era nel fatto che i suoi contenuti non vengono indicizzati su Google e in altri motori di ricerca e che, di conseguenza, non risultava agevole la ricerca degli articoli sinora pubblicati (circa 340 alla data - metà aprile 2011 circa - in cui ho dato vita a Ultrasport Maratone e dintorni).

Ho tuttavia lasciato attiva la pagina FB come contenitore dei link degli articoli pubblicati su questa pagina web e come luogo in cui continuerò ad aprire le gallerie fotografiche relative agli eventi sportivi - non solo podistici - che mi trovo a seguire.

L'idea, in ogni caso, è quella di dare massimo spazio e visibilità non solo ad eventi di sport agonistico ma anche a quelli di sport "sostenibile" e non competitivo...

Il mio curriculum: sport e non solo

 

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